Che cosa abbiamo visto a Cibus 2022, fra export in crescita, voglia di ripartenza e timori per il futuro
La grande fiera dell’agroalimentare è tornata: tanti visitatori, poche mascherine, angoli di assaggio per la non-carne e attenzione per quel che accade in Ucraina. Ma con un atteggiamento più fiducioso
Cibus è tornato: dopo due anni difficili a causa della pandemia da coronavirus, la grande fiera dell'agroalimentare è di nuovo a Parma (dove resterà sino al 6 maggio) per la 21esima edizione, tra l'entusiasmo portato dall'aumento delle esportazioni italiane nel 2021 e i timori generati dalla crisi energetica e dall'aumento dei costi delle materie prime. L’abbiamo visitata, e vi raccontiamo che cosa abbiamo visto.
Le parole di Mattarella e la fiducia dei visitatori
La giornata inaugurale si è aperta con un messaggio del presidente della Repubblica, letto durante il convegno di apertura: “L'industria alimentare e la sua filiera, con l'acuirsi della crisi internazionale - ha scritto Sergio Mattarella - hanno un urgente bisogno di risposte finalizzate al superamento della fase emergenziale e alla proiezione verso una prospettiva di rilancio e duraturo sviluppo”. Concetti richiamati anche dal ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, anche lui presente a Cibus, secondo cui “c'è la voglia di tornare a esserci e mostrare l'agroalimentare italiano al mondo, dopo aver esportato nel 2021 per un valore record di 52 miliardi e con i primi mesi del 2022 che sembrano positivi”; e anche se “le difficoltà ci sono, dovute al conflitto ucraino e all'aumento dei costi, il governo sta facendo tutto quello che deve fare sulla parte interna per sostenere tutti i settori produttivi”.
Quello che abbiamo notato noi, incontrando amici e clienti e passeggiando per gli stand della manifestazione, organizzata in collaborazione con Federalimentare, è un crescendo di presenza e di movimento di persone, in aumento dalla mattina al pomeriggio e con il passare delle ore: tanti partecipanti con tanta voglia di ripartire, sottolineata anche dal fatto che la maggior parte di loro non aveva più la mascherina. Che è una cosa che dal primo maggio si può finalmente fare, ma probabilmente sembrerà un po’ strana per qualche settimana ancora.
Un altro dettaglio che abbiamo notato, e che sinora non ci era capitato di notare in altre fiere di questa portata, è la presenza di piccoli angoli di assaggio dei prodotti di brand come Beyond Meat (qui il nostro test) ed Heura (di cui abbiamo provato i nuggets di non-pollo): segno che le alternative vegetali alla carne si stanno facendo largo e cercano di uscire dalla nicchia dove sono state nell’ultimo paio d’anni. Che in effetti inizia a stargli stretta.
Chi c’era, fra ospiti, vip e istituzioni
Una cosa che a Cibus decisamente non manca sono i clienti internazionali, circa 2mila provenienti dal resto d’Europa, oltre che da Stati Uniti, Medio Oriente, Sud America e Asia: “I buyer esteri sono migliaia, quelli che abbiamo portato noi sono 360 - ha detto Carlo Ferro, presidente di Ice Agenzia (che si occupa di promozione all'estero delle imprese italiane) - un numero che è quasi il doppio rispetto a settembre. È segno che la macchina delle fiere è ripartita e che Cibus suscita grande interesse nel mondo”. Ci riesce anche grazie all’impiego di testimonial che non passano inosservati, come i velocisti Marcell Jacobs e Fausto Desalu (oro alle Olimpiadi di Tokyo), testimonial rispettivamente di La Molisana e Parmacotto, che si sono incontrati per pranzare insieme, hanno ovviamente attirato la curiosità dei passanti e si sono prestati a foto di rito e autografi.
Tanto entusiasmo, necessario e comprensibile dopo un biennio difficile, ma senza perdere il contatto con la realtà e con quello che ci accade intorno: tutti gli interlocutori con cui abbiamo parlato si sono espressi con preoccupazione per le conseguenze del conflitto sulla nostra economia e Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, ha ricordato che “nel primo trimestre avevamo detto che avremmo rallentato con il PIL in zona negativa dello 0,2% e purtroppo abbiamo avuto ragione: significa che ci stiamo mangiando l'effetto trascinamento del rimbalzo del 2021, e questo è un dato che ci deve preoccupare".
Anche Ivano Vacondio, presidente uscente di Federalimentare (l’avevamo intervistato lo scorso autunno), ha rilanciato sulla necessità di misure urgenti: “È evidente a tutti che abbiamo bisogno di un altro Recovery Plan, perché ogni singolo Paese da solo non ce la fa. La prima pandemia faceva morire le persone, questa fa morire le aziende”; quanto al recente decreto Aiuti: “Va nella direzione giusta, però non è sufficiente”.
Dall’associazione, che sta dentro a Confindustria e raggruppa i produttori di cibo, arrivano comunque tanti spiragli di ottimismo. Come detto, resta positivo il peso dell'export (rappresenta quasi un terzo del fatturato del settore), su cui influisce tantissimo il ruolo degli Stati Uniti: nel 2021 la quota di esportazioni verso gli USA di cibo e bevande italiane ha fatto segnare un +14%. Questo è sicuramente un bel numero da cui ripartire per guardare al futuro, anche perché conferma un trend di cui su Cucchiaio abbiamo scritto spesso.
Fonti
Immagine di apertura di Cibus 2022
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