Attualità

Caccia e cucina

pubblicata il 05.02.2015

Affrontare l'argomento della caccia, non ostante un approccio screvro da preconcetti e concentrato sugli aspetti gastronomici, è sempre come camminare sulle uova: molte sono le sensibilità che vengono urtate dalla pratica venatoria, così come molte sono le inesattezze propalate sull'onda dell'entusiasmo. Almeno quante sono le nefandezze commesse: visto che trattiamo di esseri umani, assai fallaci, e di esseri viventi, meritevoli di rispetto.

Michele Milani è appassionato cacciatore e appassionato cuciniere. Più di una volta ho cercato di comprendere con lui le particolarità di questa pratica che parrebbe un reperto medievale: è innegabile però che un approccio riflessivo non può non lasciar intendere che i territori vocati sono a rischio di abbandono, e che una seria politica in merito potrebbe dar luogo ad uno sviluppo alternativo: cura e coltivazione del territorio, gestione delle popolazioni selvatiche, attività correlate.

Sì, perchè non può esistere una pratica venatoria senza il rispetto di alcune fondamentali regole igienico sanitarie: l'uso delle spoglie, l'analisi delle carni, la conservazione e l'utilizzo in cucina non sono cose da improvvisati, e già oggi esistono strutture pubbliche che mettono al riparo da qualsiasi rischio.

Per esempio, nel corso della presentazione del libro "Storie di Caccia di Cucina" scritto e curato dallo stesso Milani, un grosso colpo è stato dato a molte leggende legate alla carne di selvaggina dal dott.Roberto Barbani, ricercatore e veterinario attivo in Bologna. Nel corso di uno studio approfondito infatti, oltre al bassissimo contenuto di grassi è stato rilevata la presenza di Omega 3 nel grasso di cinghiale parogonabile a quello del pesce azzurro.

Solo per fugare un dubbio: carni saluberrime, perchè molto ematico ferrose, carni "nere" assai irrorate, che possono essere consumate anche crude, lontano da sfinenti marinature, al solo prezzo di un esame gratuito presso i centri di assistenza provinciali. Infatti il solo parassita è la trichinella, facilmente individuabile in laboratorio oppure debellata dalla pratica dell'abbattimento.

Questo ed altro in una serie di assaggi nella Casa di Caccia della Geneprata nell'Appennino Piacentino, curati dallo stesso autore e da due valenti cuochi: Isa Mazzocchi della Palta di Bilegno e Stefano Fagioli del Viavai.

Al netto di tutte le rispettabili posizioni etiche, va dichiarato che l'unica caccia possibile è quella che prevede un prelievo controllato, preferibilmente di selezione, a fianco delle autorità e degli organi predisposti alla funzione. In questo ambito il controllo e il contenimento di popolazioni prive di nemici naturali acquista un senso compiuto. In tavola la selvaggina, che per definizione è una rarità, guida verso un consumo moderato e consapevole della carne; e già questo non è male. Fa parte della tradizione gastronomica del nostro paese, e con le moderne tecniche di cucina si allontana dal clamoroso salmì e dalle nefaste frollature "in cantina".

Del resto, a voler fare un'affermazione politicamente scorretta, tra bambi e un vitello di cui nutriamo serenamente i nostri figli c'è solo Disney di differenza...

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