Frittata di spaghetti

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INGREDIENTI

PROCEDIMENTO

Il soffritto che sapevo io, quello della mamma della zia e della nonna, era la cipolla che andava nel burro. Nei casi più sofistici, c'erano anche altre verdure, o il lardo. Qui in Gallia Citeriore serve come base per quasi tutto: da salsa per i tortelli di zucca a generatore di ragù infiniti.
In Campania invece il soffritto è una giungla lussureggiante di frattaglie del maiale: travolgente. In Irpinia lo trovi d'agnello, come questa versione preziosa del Taurasi di Melegnano.
Allora con un quinto quarto d'agnello da leccarsi i baffi vien fuori uno spaghettone peccaminoso come pochi: cuore, polmoni, fegati saltati, gli spaghetti buttati là in mezzo a combattere, una guarnitura finale di pecorino. Ne avanzano abbastanza.
Il giorno dopo, dal frigo prendo il gomitolo e lo passo a mani nude con due uova intere. Aggiungo una mozzarella a dadini. Ungo la casseruola super-antiaderente al carborundio di tungsteno, verso la frittata. Faccio andare scoperto, a fiamma media. Faccio andare anche un po' troppo, che mi s'abbruna. Giro la frittata con il piatto, verso.
Per dire, ci vuole un aglianico irpino, un Taurasi: serve per ammorbidire quella *sfiziosissima* crosticina che contiene la frittata, e che da sola vale il viaggio e lo spadellaggio.

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