Attualità

(Sopra)ViViT

pubblicata il 03.04.2012

"Se non hai dato tutto, non hai dato ancor" Resto qua, V. Capossela Accade che quello che desideri avvenga. E, a volte, avviene molto ma molto più forte di quello che tu abbia mai voluto desiderare. Così, quando ho chiesto ad un mio scellerato amico di potergli dare una mano al Vinitaly, ancora non sapevo di ViViT, il basso e stretto salone che la fiera veronese ha dedicato ai produttori di vino bioqualcosa. Da amante impulsivo e compulsivo del vino, volevo sporcarmi le mani, mettermi dall'altra parte del banchetto, raccontare alle persone che mi somigliano ciò che conosco di quelle bottiglie, di quelle terre, di quelle piante. Volevo aiutare, volevo imparare. Quello che volevo, l'ho avuto. Perché versare il vino senza una tavola apparecchiata e doverlo anche spiegare, richiede ingegno e impegno. Se poi fa caldo, se si è stretti e si è in tanti, ma davvero in tanti, tutto quello che accade è, semplicemente, destino. Così, fin dal primo giorno, la mia è stata una lezione di sopravvivenza quasi solitaria e senza sosta, fatta di resistenza, cinismo, tecnica e paraculismo estremo. Ho ancora negli occhi sfide memorabili all'ultimo antociano, capriole circensi eseguite sul posto per schivare domande che neanche Cotarella se le sogna, o botte e risposte rapide quanto dolorose tipo "caffè tostato formidabile - no, dai, tutto ma caffè no, ti ho detto che non fa legno - sento il caffè, sono libero di sentire il caffè? - sei libero di sentire anche lo struzzo, ma sarebbe meglio se sentissi l'agnello - ah! sarà forse il chianti riserva di prima? non ho avvinato .. - eh, forse sarà quello". Ho scolpiti nella memoria lucidi duelli dialettici, fulgidi insulti criptici, una tensione enoica estenuante ma divertente, una forza, uno tsunami di interesse cementificato dalla passione che, per quattro giorni, mi ha sommerso di domande, di stupori, di incertezze, di "devo venire da voi", di sospetti ("zero solforosa aggiunta? com'è possibile?" era ormai un mantra), di passaparola, di emozioni non solamente etiliche. E poi il maglio dei venditori, che ti punta, ti annusa e ti scatena addosso I Clienti, alcuni sono quelli del "dammi il cannonaddu o un nero d'avola, fai tu", che poi sono anche gli stessi del "buona questa malvasia - no, sarebbe moscato in purezza - vabbè, sempre dolce da sbicchierare è". L'emozione di alzare la testa e vedere l'espressione canuta del sig. Pepe al tuo fianco, o l'eloquenza elegante di Monsieur Frick, l'energia dei fratelli Follador, la sintesi espressiva della Occhipinti, sentirsi, per pochi, granitici giorni, parte integrante, anche se non integrata, di quel mondo fatto di persone che da sempre desideri incontrare e che ascolti, leggi, bevi. E poi il mercoledì sera, le porte che si chiudono, le scatole si imballano, il nastro stride e scoccia. Arriva il tempo, finalmente, di fermare quella ragazzina vestita di nero che ha svuotato, sgomitando senza interruzione, ettolitri di sputacchi e umori etilici vari, di offrirle un bicchiere per ringraziarla e di sentirti rispondere con disarmante semplicità: "buono, grazie". Quello che volevo, l'ho avuto. Photocredit: Brussels Pictures

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