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Perché aumenta il prezzo del cibo e di quanto: 5 risposte per capire la situazione

pubblicata il 06.09.2022

Spenderemo in media quasi 600 euro l’anno in più solo per mangiare: perché succede? Che altro potrebbe succedere ancora? Succede solo in Italia? Le nostre risposte alle vostre domande

Il prezzo dell’olio (non di oliva) cresciuto del 66% rispetto a un anno fa, quello del burro di oltre il 32%, quello della pasta di più del 26%. E poi ancora: +22% per la farina, +19% per il riso, la margarina, i cetrioli, le melanzane e le zucchine, +18% per i gelati, +16% per latte a lunga conservazione e pane confezionato (+11% per quello fresco), +5% per i pasti in pizzeria, nei fast food, per il take away e per i prodotti di gelateria e pasticceria e poco di meno per ristoranti e bar.

Sono tanti aumenti, e molti sono anche belli grossi ma prima di capirne le ragioni è importante capire soprattutto una cosa: sono solo quelli di luglio 2022 rispetto a luglio 2021, e vengono dopo una lunga, lunghissima serie di altri aumenti. Quando è iniziato tutto questo? Perché succede? Cos’altro potrebbe succedere ancora? E anche: succede solo in Italia? Di seguito, le nostre risposte alle domande principali sulla questione dei rincari del cibo.

Perché i prezzi sono aumentati nel 2022?

La risposta breve è: a causa della guerra in Ucraina. La risposta lunga è più complessa, perché il punto non è che i prezzi sono aumentati nel 2022, è che sono aumentati anche nel 2022. Del tema si tratta purtroppo ormai dall’autunno scorso, tanto che il nostro primo pezzo su questo argomento è del 5 ottobre 2021 e allora l’avevamo titolato “Perché il prezzo di pasta e carne potrebbe aumentare (e di molto)”. All’epoca si parlava solo della scarsità dei raccolti e del fatto che fosse salito il costo dei cereali e della soia, del mais e del frumento, con conseguenze a cascata su più o meno tutto, dalla pasta alla carne. In sintesi: quello che è successo nel 2022 è che sono venuti al pettine i nodi di due anni di pandemia. E che la Russia ha invaso l’Ucraina, ovviamente.

E quindi: perché aumenta il prezzo del cibo?

I motivi sono sostanzialmente 4 e sono in qualche modo tutti collegati fra loro: il clima, la politica, la logistica, il coronavirus. Il primo è appunto legato alla scarsità dei raccolti a causa della siccità e del cambiamento climatico; poi ci sono le tensioni internazionali, che hanno spinto al rialzo i prezzi delle fonti di energia, che a loro volta hanno fatto salire i costi dei processi produttivi. Ancora: dal 2020 è aumentata tantissimo la spesa per spedire la merce da un lato all’altro del mondo, oppure per riceverla, cosa che ha fatto aumentare i prezzi dei materiali per gli imballaggi e il confezionamento dei prodotti; la pandemia, con il continuo e prolungato stop-and-go ai processi produttivi, ha complicato ulteriormente le cose. E la guerra in Ucraina non le ha certo semplificate: quello che sta succedendo ora è figlio di tutte queste cause, perché il cibo sta alla fine di una filiera produttiva che è diventata insieme complicatissima e costosissima. I prezzi che vediamo nei negozi sono l’effetto ultimo di una cascata di eventi negativi.

Di quanto è aumentata la spesa alimentare?

Le percentuali dei rincari sono quelle citate all’inizio (come riferimento, queste erano quelle di giugno), ma questa crisi è iniziata da così tanto tempo che si può iniziare a darne un quadro più preciso in termini assoluti: secondo Coldiretti, “il balzo dell’inflazione costerà alle famiglie italiane 564 euro in più nel 2022 solo per la tavola”. In parole povere, quest’anno spenderemo mediamente quasi 600 euro in più per mangiare rispetto all’anno scorso. Nel dettaglio: 115 euro in più per pane, pasta e riso, quasi 100 euro in più per carne e salumi, 80 euro in più per le verdure, 70 euro in più per latte, formaggi e uova e 50 euro in più per il pesce, che precede di poco la frutta, i cui consumi sono già calati dell’8-10%.

La situazione potrebbe peggiorare ancora?

Probabilmente sì. C’è il problema del surriscaldamento globale e del caldo anomalo che quest’estate abbiamo provato sulla nostra pelle, che già sta avendo conseguenze sulla produzione di frutta e verdura: ce n’è sempre meno, e quella che c’è costa sempre di più. Non solo: ci sono alcuni prodotti specifici, come i pomodori, che vengono colpiti nel momento peggiore, cioè durante i mesi di raccolta e confezionamento, con i loro prezzi destinati a salire ancora. E poi ci sono le cavallette in Sardegna, che da giugno stanno devastando ettari di coltivazioni fra le province di Nuoro, Oristano e Sassari: la Regione ha dato il via libera al piano di contrasto, e magari questa cosa si risolverà rapidamente, però è meglio tenerla presente.

Quello dei prezzi è un problema solo italiano?

Decisamente no. Lo scorso luglio, gli Stati Uniti hanno toccato un tasso di inflazione record, che non si vedeva da quarant’anni a questa parte: ad agosto è sceso leggermente (è intorno all’8,5%), ma resta comunque elevato. E in Unione europea come va? Secondo Eurostat, il tasso d’inflazione annuale negli Stati dell’UE si è attestato all'9,8% a luglio, in aumento sul 9,6% di giugno. Non solo: nel 2021, nello stesso periodo, era del 2,5%. Fra i vari Paesi, i tassi annuali più bassi sono stati quelli di Finlandia (8%), Francia e Malta (6,8% per entrambi), mentre i più alti sono in Estonia (23,2%), Lettonia (21,3%) e Lituania (20,9%).

Emanuele Capone

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