Attualità

Ovvero, l'Osteria (di San Cesario)

pubblicata il 25.07.2008

Anna Dente ha uno stuolo di ammiratori. Si produce in una cucina senza fronzoli, cospicua e concreta, dalla rusticità raffinata: e non è un'ossimoro, se varcando la soglia dell'Osteria di San Cesario si vede arrivare il cesto di verdura dai campi vicini, o se si ha voglia di leggere al storia dello scortichino da cui è nato tutto. Immota la filosofia: così parrebbe, a costo di qualche anacronismo nel trattamento dell'ospite (mamma mia quanta fatica per quel pos, e per due euri di resto...). Ma così va presa, in difesa dell'ultima pajata, Anna Dente e la sua cucina romanesca, vivida, integrale più che intergalista. Perchè ad onor del vero la pajata di San Cesario ha paragoni solo nell'Empireo, e le animelle che trovi qui, belle fritte del fritto che ti viene in mente quando pensi al fritto e non quelle cose esoterico-giapponesi che ti senti in obbligo di assaggiare con la bocca a cul di gallina, beh, difficile trovarne eguali.
  
Certo dall'ultima volta hai notato qualche piccola increspatura nelle valli del tempo: è arrivato un menù scritto, per la verità con qualche perchè di prosopopea, c'è la lista dei vini, in sala gira qualche persona in più e la chef si attarda a raccontarsela con qualche cliente affezionato o magari un semplice golosone di passaggio (o un australiano che vien da down under anche per Lei). Nella colonna di destra, quella dell'addizione, c'è qualche numerino in più di quanto ti ricordavi... ma mentre il budellamento e i rigatoni si fondono sul palato in poesia pura, l'ultima pajata diventa lenimento per tutto ciò, e perdoni. Hai vini quel che vuoi, e qualche Cesanese anche bicchierato, e un sottile senso di felicità s'insinua.Spenderai facilmente il mezzo metro, e magari anche qualcosa in più per tutto ciò ma solo con appetiti reboanti che ti consentano la cavalcata di quattro piatti: che i sapori sono così integri, così intensi che probabilmente ti fermerai al meno.

Condividi

LEGGI ANCHE