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Le Grand Fooding Milano: il cibo di strada salverà il mondo

pubblicata il 05.07.2012

C'era una volta un mondo della ristorazione fatto di gamberi rossi di Mazara, capesante dell'Atlantico e ostriche Belon della Bretagna. Poi arrivò il km zero, con l'insalata dell'orto del ristorante, le uova delle galline del ristorante e il maracuja del balcone del proprietario del ristorante. All'alba dell'unico giorno di pioggia concesso da Caronte, erede di Scipione (potere mediatico degli anticicloni), arriva a Milano l'era punk... del cibo. Il punk è quello delle origini, quello dei Ramones, dei Sex Pistols, quando il rock stava stretto a chitarristi e batteristi e le parole straripavano di rabbia, forse prima di tutto nei confronti di se stessi e come riflesso nei confronti del sistema e dei propri predecessori. Le Grand Fooding Milano si presenta alla Segheria di Via Meda con il tag "Pelle all'arrabbiata", portando alla ribalta la dignità dello streetfood come forma espressiva suprema che distilla capacità di alta cucina in un "packaging" del piatto adatto all'assenza di posate, con un innato low profile della materia prima. Il successore della battuta di Fassona razza piemontese è un ben più rock "manzo crudo su pane grigliato con midollo sott'aceto, germogli d'aglio orsino, crescione e rafano", direttamente da Malmo in Svezia (per chi pensava fosse solo il nome di un mobile Ikea) dalle mani di Wade Brown e Andreas Dahlberg. Torna il porco, senza "Cinta" e senza "Nebrodi" - la cui testa campeggia sull'Ape Cross che simboleggia il movimento dei cuochi di strada- a dare colpi di cassa e rullante al lecca lecca con polipo e pancia di maiale dei milanesi di "Al Mercato" Eugenio Roncoroni e Beniamino Nespor. Dagli USA direttamente per il 4 luglio, scatta la pannocchia sullo stecco, e non chiedete cosa sono le "guarnizioni" che la rendono così goduriosa, perchè gli ingredienti contano fino ad un certo punto: qui ti mangi la visione del cuoco per il cibo, il suo credo, il suo sound. E Jon Shook e Vinny Dotolo suonano all'americana, un Lust For Life scanzonato e sorridente in pieno stile Iggy Pop con i The Stooges. L'agnello qui non è la costina di Pasqua del contadino dietro casa: è il cuore. Non paghi del "pulp" della materia prima, i due londinesi James Lowe e Isaac McHale lo hanno girato in una pita insieme a yogurt di pecora e acciughe: un delirio di sensi, una delle "cose" più buone mai mangiate nella vita, un Anarchy in the UK a far scoppiare le casse. Poi dalla Borgogna arriva Jerome Bigot con una versione soft del punk con il "pastrami di lingua di manzo, uova di trota e salsa di dragoncello" in un panino al latte che fa molto "Boys don't cry" dei Cure. L'altro italiano, Matteo Torretta, con un "kebab d'anatra, ketchup do carote e maionese tartufata" in un panino di sesamo quasi delicato, dimentica il basso a casa, smorza i toni punk e si fa quasi neomelodico. Ma è già ora dell'ultimo calice di champagne con La Grande Dame di Veuve Cliquot. Perchè sarà deformazione personale, ma le bolle di Francia sono decisamente molto rock. E allo champagne la mia dedica personale: "Baby I love you", featuring Ramones. Gran bel concerto. [gallery link="file" order="DESC" columns="4" orderby="post_date"]

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