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Il Sabato del Villaggio | Il tanto, il poco e la cugina acquisita

pubblicata il 13.07.2013

Un bel locale, capperi, bello davvero. Elegante, frequentato da gente elegante, tirata a spigolo vivo. Se son giovani belli e aitanti, se son maturi belli e saggi. Il tavolo di fianco al mio si popola di persone ammodo, anche gurmè della più bell'acqua. Si capisce che sono gurmè perché chiamano i grandi cuochi per nome. Parlano di barche, e anche se mi sforzo di guardare il mio consommé di beccaccia con radici di pitosforo mantecate con il grasso di colibrì,  con la visione periferica non posso far a meno di vedere abbronzature e polpacci ben coltivati. Niente da dire.
Grande indecisione per la comanda: un piatto? due? il dessert? Discutono, fino a che arriva la domanda fatidica: Come sono le porzioni? Attimo d'esitazione, poi chi meglio conosceva il posto risponde "Piccole. No, non è nouvelle cuisine, ma nemmeno porzioni da camionista."
Nel parlato non sono riuscito a capire se l'affamatore di clienti è la nuova cucina o la nuova cugina, come spesso succede. Fatto sta che anche tra le fauci di gurmè della più bell'acqua la nouvelle cuisine - parente della nouvelle cousine -  ha come unica memoria quella di avere piccole porzioni. Non di avere creato una cesura con la cucina classica, opulenta; non di aver sperimentato cotture brevi; non di aver cercato l'integrità dell'ingrediente; e soprattutto, non di essere finita da trent'anni.
Nello stesso tempo sulla pagina di fazzabù dell'enfant prodige tra i gastroglobetrotter italiani, Lorenzo Sandano, si inescava una alluvionale questione sulla quantità di pasta in un piatto. Cinque rigatoni dipinti di un sugo misterioso alla corte di Giorgio Parini, il Povero Diavolo. Chi a dire che sono pochi comunque, chi a dire allora màgnate sta carbonara, chi questo e chi quello.
Nel mondo citazionista in cui viviamo, in cui le bacheche e le timeline si riempiono di aforismi compiacenti al nostro stato d'animo attuale - una specie di instagramming letterario di riporto - vien facile parafrasare Frank Zappa (parlare di cibo è come ballare di architettura) o quell'altro che disse che per fare il fantino non era obbligatorio essere stato prima cavallo.
Il cibo si mangia e non si racconta, tutti mangiamo tutti i giorni, il cibo è l'unica cosa di cui siamo tutti esperti: e il cibo è anche l'argomento sul quale è facile trovarsi e dividersi. Di certo cinque rigatoni in un piatto possono apparire pochi solo all'interno di una visione nutritizia del cibo. Che peraltro, in una civiltà liberata dell'ossessione della fame, non è più da tempo la sua principale.
Il passo successivo poi accordarsi se "costa" di più un pranzo a pastasciutta e cotoletta e patatine a 30 euri oppure una degustazione di 10 piatti fantasmagorici in un castello da 90. Poi arriviamo sempre a dirci che spendere così tanto in cibo (che è così poco nel piatto) è immorale, mentre spenderli in scarpe no.

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