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Il Sabato del Villaggio | Il Ristorante del Futuro farà a meno di tutto. Anche dei clienti

pubblicata il 30.03.2013

Ieri sera ho finito di lavorare tardi, molto tardi. Oppure dovrei dire, stamattina ho iniziato presto, molto presto. Stavo cercando di trovare il corretto equilibrio tra tre o quattro locali  che ho visitato negli ultimi giorni. "Antica Osteria Meraviglia", cucina di tradizione con inserti creativi, corretta, gran cantina e servizio attento: 7.1. "Hostaria dell'Antico Castello" con cucina creativa e inserti tradizionali, cantina commerciale a prezzi buoni e servizio simpatico: 7.2. Infine la "Vecchia Trattoria dell'Osteria Antica" in cui la tradizione si sposa con l'innovazione: scorzonera, topinambour e rape rosse nei piatti, cantina piccola ma intelligente (significa che ci sono piccoli produttori sconosciuti di vini "naturali") servizio incespicante ma compensato da grande disponibilità, ambiente mirabile, e sorrisi a profusione. 7.0. Tre proposte dalle differenze molto sottili, ma percepibili, ma un tratto comune immediatamente identificabile: in entrambe e tre ero sconsolatamente, disperatamente, vigliacchescamente seduto da solo nelle sale ubique. Il ristorante tuttopertè è il sogno di ogni gurmè, ma con il limite della sovresposizione e dell'ubriacatura di "tuttobène" che ne può derivare. Con gli occhi pieni di segatura di abete sonoro della Val di Fiemme aromatizzato al tè nero affumicato Lapsang Souchong e sale rosso della Hawaii, mi resta abbastanza lucidità per chiedermi a chi diavolo potrebbe mai interessare quel decimale di differenza: ai ristoratori, forse. Ai colleghi, forse. Ai "giudici", forse. A quei quattro impallinati che si divertono così, una percentuale della popolazione manducante rilevabile ormai solo con mezzi strumentali. Di colpo mi rendo conto che questo dubbio mi è stato insufflato tra un polmone e l'altro da un patròn, mentre ci trovavamo in vettura assieme, per tutt'altri motivi. Mentre schiacciava l'acceleratore come un indemoniato, mi gridava La stella, la stella ce l'avevo. Poi a un certo punto mi sono accorto che non c'erano più i clienti: venivano i critici per criticare, i colleghi per vedere quello che facevo, ma clienti, nemmeno l'ombra. Allora mi sono stufato, sono uscito dalle guide [che poi mi piacerebbe sapere come si fa ad "uscire dalle guide" N.d.A.] ed ora sono felice. Nessuna recensione e tanti clienti. In sintonia un altro cuoco di sana e robusta costituzione fisica, che alla fine del pranzo mi si erge di fronte con le mani sui fianchi e mi dice, con slancio belluino: è lei che ha detto che quel piatto non andava bene? io dico sì, e spiego con serena pacatezza che quell'ingrediente lo conosco perché ci sono nato in mezzo, che l'ho cucinato un milione di volte, che ne conosco via verità e vita e che nemmeno con la fiamma ossidrica lo si può maltrattare così e che quindi no, quel piatto non andava bene. Lui si sporge un po' in avanti e mi sibila Noi le guide non ce le filiamo. Poi gira sui tacchi e se ne va a passo di carica. Nessuno mi ama. Tutti mi odiano.

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