Attualità

Il Sabato del Villaggio | Guidare le Guide

pubblicata il 13.10.2012

Settimana, anzi mese di guide: sono diventate un oggetto così comune, così automatico nell'uso del patrimonio enogastronomico da esaurire il proprio significato nel nome stesso. Dici "guida" e sai già che si parla di una lista ragionata, descritta e valutata di un certo numero di ristoranti o di vini. Quindi un motore di interessi economici di vario spessore, su cui pare esserci una congerie sterminata di opinioni dal "freguntubo" alla esaltazione/disperazione. Giovedì in una Firenze travestita da Macao per calura e umidore - e per percentuale di orientali incontrati - l'Espresso ha presentato l'edizione 2013 delle sue due Guide, quella dei vini e quella dei ristoranti. Il compito dello scriba snob e controtendente oggi sarebbe quello di non parlare del solito argomento: la morte delle guide superate dai blog, così frusto da mostrare l'ordito. Lo stesso Enzo Vizzari, saldamente al timone della corazzata espressiana, palesava un tono vagamente annoiato nel toccare di sfuggita il capitolo: fors'anche perchè in parte la discussione è stata cavalcata allo sfinimento tanto da perdere virulenza, in parte perchè - a mio indegno avviso - mal posta. Il confronto infatti non è tra le guide e i blog. La partita infatti si giuocherà tra le guide e le guide. Digitali. Alcune considerazioni, per punti come fanno gli americani, che in questo sono assai più bravi di noi. 1. Esiste una domanda, un gradimento diffuso per uno strumento che ordini, organizzi e sintetitzzi le informazioni relative ai ristoranti e al vino. E con i voti di fianco. Quello strumento è comunemente chiamato "Guida". 2. Una porzione forse minoritaria ma non banale di appassionati ma anche semplici avventori non s'affida ad arnesi bottom-up come il callido Trip Advisor, ma cerca indicazioni di maggior spessore per decidere come separarsi dal proprio denaro sgavazzando nella crapula. 3. Fare le guide costa enormemente. Il motivo per cui le guide sono ancora di carta è che la pagina di carta vale in termini di raccolta pubblicitaria da 10 a 100 volte lo stesso spazio sul web, e se si dovessero pagare i collaboratori e i conti dei ristoranti con il CPC [Cost per Clic] vedremmo recensite le mense scolastiche e l'acqua del rubinetto e poco più. 4. Organizzare le informazioni ricavate da due o tremila recensioni e 25 mila assaggi richiede una organizzazione labour-intensive: cioè intelligenze umane che pestano sui tasti con il cervello azionato. E questo costa enormemente, per cui vedere punto 3. 5. Una guida digitale è infinitamente più comoda rispetto a quella cartacea. Per il trasporto, le ricerche, l'interazione: si pensi solo alla geolocalizzazione, o alla consultazione in linea. 6. Una guida digitale potrebbe essere un organismo vivo, mentre la carta è scolpita nella pietra: a pagine ancor odoranti d'inchiostro ho prenotato un ristorante segnalato a 140€ per la Degustazione, ineluttabilmente trovandolo a 160€. 7. Evidentemente però il sistema non è ancora pronto per il salto di paradigma per il motivo di cui al punto 3. E temo che il mercato non sia pronto per pagare una guida digitale - che so - duecento euri all'anno. Quindi - con buona pace  dei guru digitali - le guide staranno lì al loro posto ancora per un po'. Probabilmente è in corso un processo di depotenziamento della notizia in sè: che il Famoso Ristorante del Famoso Cuoco sia passato da 19/20 a 19.5/20 è un fatto che viene vissuto con crescente serenità perché ci sono altre voci, altri strumenti che comunicano il valore di una Tavola. Se il Becco della Ghirlandaia - blend alloctono di cabernet sauvignon,franc, syrah, petit verdot, merlot, grenache e pinot noir - ha visto la sua valutazione passare da 16/20 a 15.5 non avremo un vignaiuolo in più che si incatena alle ruote del suo SUV di fronte alle telecamere di TeleTrevisoUno. Finché il modello vincente resta content versus advertising, potremo ancora vedere i più grandi cuochi e i più grandi produttori riuniti in una Firenze sobbollente, anch'essa appesa all'incerto confine tra un passato rigoglioso e un presente fatto - anche - di commerci spiccioli e bancarelle erette come una Grande Muraglia. Del resto, il futuro può attendere [cit.]

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