Attualità

Il Sabato del Villaggio | Cena al bujo

pubblicata il 21.04.2012

A volte accadono fatti come risposte, che fronteggi con una senso di abbandono che si misura come una resa. Per uno spirito materialista, umanista e in fondo un po' zuccone la scoperta che ci sono cose che vanno ben oltre la volontà, la determinazione, l'ambizione, il desiderio in una specie di universo superumano è una sorta di trauma facciale. O cose che non accadono, non ostante tutto. Ho sempre cercato di spiegarmi come mai imprese che appaiono identiche, basate sulle stesse fondamenta, a volte funzionano con impressionante successo, a volte non riescono anche se esistono i presupposti per ottenerlo. Piccoli ingredienti, dettagli, tempi, momenti. Zac, da una parte la luna, dall'altra l'abisso. A distanza di un giorno in due situazioni che non hanno nulla in comune nemmeno nella più ardita delle fantasie, è uscito da due differenti conversaioni il titolo di questo pezzo sabatino, citato per diversi motivi, in diversi momenti, come se fosse la marea di roccia fusa di Mercurio o le nubi di gas congelato di Saturno. La prima volta si citava Cena al Buio, una performance partecipativa che mette in scena Spettacolarium: una cena in ambiente completamente oscurato, in cui non sai che accade, non vedi cosa mangi e con chi mangi, e ti abbandoni all'esperienza sensoriale senza mediazioni. Chi l'ha provata dice che l'esperienza è molto forte, che si possono vivere anche momenti di grande disagio: ma che il premio è una consapevolezza diversa di sè. La seconda volta era l'idea di un avventore che affronta una "cena al buio" senza sapere nulla di cosa avrà, da solo con se stesso: e dovrà raggiungere l'esperienza gustativa in un viaggio dentro se stesso, usando l'immaginazione, la ragione, la fantasia per interpretare ciò che accade: una pasto oscurato per ritrovarsi, con il rischio di incontrare anche sapori non graditi, ed passare momenti anche brutti. Il disagio del buio e della solitudine sono intensi e profondi, ma alla fine c'è in premio una consapevolezza diversa di sè. Tutto questo si incastra perfettamente in quel rituale di sedersi ad un tavolo da solo, che è per me un'esperienza ormai consueta - quasi - quotidiana, anche domestica: nessuna conversazione, se non le poche battute con la persona al tavolo, o con il cuoco, o alla cassa prima di uscire. Quando ad esempio sei in un sotterraneo con la ricezione dei tuoi ciappini digitali azzerata e resti confinato in quel metro quadro di tavolo, i piatti come unico messaggio dal resto del mondo. Io questa Cena al Buio mi sa che la provo.   Immagine: http://tizianatius.wordpress.com/

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