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Cos'è l'ortoressia? Definizione e sintomi

pubblicata il 22.04.2016

La parola “ortoressia” – dal greco “orthos” (giusto) e “orexis” (appetito) – è un termine divulgativo usato per indicare quello che nella più recente versione del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) viene definito come diagnosi di “Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo”. Nel presente articolo si parla del fenomeno dell’ortoressia cercando di dare risposta ad alcune domande centrali: come è possibile inquadrare questo disturbo a livello diagnostico? Come si manifesta a livello sintomatologico? Quanto e come è diffuso nella popolazione italiana?

La diagnosi

Possiamo quindi prendere le mosse dalla definizione di “Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo”, una nuova categoria diagnostica che è stato necessario inserire nella quinta ed ultima edizione del DSM – edita in Italia alla fine del 2015 –  per poter dare una collocazione a tutta una serie di fenomeni disfunzionali legati all’alimentazione che, pur creando una grave sofferenza psicologica, si differenzia in molteplici aspetti dai più noti disturbi alimentari quali Anoressia o Bulimia. Parlo di fenomeni, al plurale, in quanto in questa categoria diagnostica rientrano, oltre all’ortoressia, anche altri disturbi, quali ad esempio l’Anoressia Inversa (nota comunemente come Vigoressia, vale a dire la tendenza patologica, prevalentemente maschile, ad assumere steroidi o altre sostanze e a spendere molto tempo nella cura del corpo, al fine di avere un fisico muscoloso e prestante) o il Disturbo Purgativo (vale a dire la tendenza, questa volta prevalentemente femminile, ad abusare di condotte eliminatorie come vomito autoindotto o lassativi, per poter mantenere un peso forma). Si tratta di forme disfunzionali che si distinguono in quanto coinvolgono non tanto la quantità dell’alimentazione – come avviene invece nell’anoressia e bulimia – quanto la qualità della relazione che il soggetto ha con il cibo o il proprio corpo. Un altro aspetto peculiare consiste nella “scivolosità” di questi fenomeni: in altre parole, si connotano per delle caratteristiche che, ad uno sguardo superficiale, potrebbero non risultare patologiche, ma, paradossalmente, possono riscontrare un discreto grado di conferma e apprezzamento sociale. Questa ambiguità comporta naturalmente dei danni ai soggetti che ne soffrono, tanto nei termini di un rafforzamento di convinzioni patologiche, quanto di conseguenza in una maggiore difficoltà a chiedere aiuto.

I sintomi

Gli aspetti della qualità dell’alimentazione e dell’approvazione sociale valgono in particolare per l’ortoressia, quella patologia descritta per la prima volta dal dietologo Steven Bratman nel 1997 con le seguenti manifestazioni: la persona presenta una ruminazione a marca ossessiva relativa al cibo, ovvero trascorre almeno tre, quattro ore al giorno a pensare a quali cibi scegliere, come prepararli e consumarli, con una crescente preoccupazione – e quindi un crescente controllo – che siano cibi salutari e di certa provenienza; questo primo aspetto è di tale consistenza da accompagnarsi gradualmente a modificazioni sempre più marcate non solo nelle scelte alimentari, ma soprattutto nel proprio stile di vita, che si impoverisce nei legami sociali e nel tempo lasciato libero dalle preoccupazioni alimentari, fino a creare una situazione di sofferenza tale per cui è la vita stessa della persona che gira attorno all’idea ossessiva del cibo, e non più viceversa.

Se, quindi, l’ortoressia come “fanatismo del cibo sano” si distingue chiaramente dai più classici disturbi quali anoressia e bulimia, vi sono alcuni aspetti clinici che rendono queste condizioni parzialmente assimilabili. Ad esempio, è importante sottolineare come la qualità patologica di questa condizione si evidenzia quando il soggetto, per qualsivoglia motivo, devia anche minimamente dal controllo sul cibo: le conseguenze emotive di tale deviazione sono paragonabili a quelle che insorgono nell’anoressica costretta a mangiare, ed emergono in termini di rabbia difficilmente controllabile, ansia, umore depresso, tutti sintomi riconducibili alla sensazione soggettiva di perdere il controllo di sé e della propria identità. La persona finisce dunque con l’entrare in un circolo vizioso per cui, al fine di evitare queste angosciose sensazioni, aumenterà il controllo sui propri comportamenti e le rinunce apportate alla propria socialità e al proprio stile di vita.

La diffusione del fenomeno in Italia

In una indagine condotta dal Ministero italiano della Salute, le persone in Italia affette da ortoressia sarebbero circa trecentomila, a fronte dei circa tre milioni di pazienti che soffrono di disturbi alimentari. Un numero dunque consistente, specie se pensiamo che si tratta di un fenomeno recentissimamente descritto a livello diagnostico. Un’altra fonte di ricerca epidemiologica fornisce un’informazione interessante relativa al genere, vale a dire la prevalente diffusione dei comportamenti ortoressici nella popolazione maschile, cosa inedita nel mondo dei disturbi alimentari solitamente a stragrande maggioranza femminile.

L’ortoressia, al pari degli altri fenomeni che rientrano nel Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, si configura quindi per le proprie caratteristiche come una nuova declinazione della psicopatologia del comportamento alimentare, una declinazione di cui forse è necessario cominciare a preoccuparsi, proprio perché inedita – e dunque ancora da comprendere a pieno nelle sue conseguenze ad ampio raggio – e perché così indicativa di una sofferenza psicologica dalla sintomatologia ambigua che però coinvolge le radici profonde del senso identitario soggettivo. Anna Giulia Curti, psicologa clinica

Bibliografia

- American Psychiatric Association, DSM 5, Raffaello Cortina Editore, Milano 2015.

- Ministero italiano della Salute, Le buone pratiche di cura dei disturbi del comportamento alimentare, 2014.

-  Donini e coll., Orthorexia nervosa: a preliminary study with a proposal for diagnosis and an attempt to measure the dimension of the phenomenon, in Brief Report and new analysis, n. 9, 151-157, Giugno 2004.

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