Attualità

Biologico | To bio or not to bio

pubblicata il 31.08.2010

Impazzava su twitter la discussione sul vino bio. Anzi, credo che sia una delle discussioni più interessanti per i risvolti etici ed estetici che comporta. La questione non è semplice, soprattutto se si subordina una fruizione del tutto voluttuaria come quella del vino a qualche forma di ideologia a cui sono preventivamente allergico. Soprattutto non mi convince la necessità di avere manifestazioni settoriali, sempre che non siano settarie, distinte da quelle dei vini "normali". E mentre pesto sui tasti ho una specie di prurito ai polpastrelli perchè la definizione stessa di "vini veri" o "vini naturali" cozza con l'idea che anche i vini cosiddetti "normali" possono essere fatti in modo corretto, usando cioè metodi naturali, seppur sotto l'egita di tecniche di vinificazione più elaborate. Mentre mi sforzo di farmi una ragione in merito, che ora non ce l'ho ancora chiara, prelevo citando non ricordo più chi (forse il wannabe natural-prosecchista Luca Ferraro che nel cuor mi sta, che sta appunto avviandosi in direzione bio) una bella massima: "Come distinguere le mele bio da quelle "normali"? Semplice, quelle bacate sono biologiche." Ecco allora che la mie otto viti di Uva da Tavola Bianca, probabilmente un oscuro clone di moscato, crescono in regime ultra-bio: quest'anno non ha nemmeno passato nè zolfo nè rame. Ecco il risultato:
Peccato, perchè quando giunge a maturazione è uva buona, maturata sulla pianta dà belle zuccherose soddisfazioni. Tre quattro chili per vite, per un consumo sano e consapevole.

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