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Alajmo migliora il contratto di tutti i dipendenti:“Un passo utile per il futuro”

pubblicata il 22.03.2023

La nota famiglia padovana vuole migliorare la vita dei lavoratori dei suoi 14 ristoranti, non solo dal punto di vista economico: ci siamo fatti spiegare come, e anche perché.

Più soldi per i dipendenti, più attenzione al loro benessere, più disponibilità ad andare incontro alle loro esigenze: la notizia che il gruppo Alajmo abbia deciso di migliorare le condizioni di lavoro del personale è fra quelle di cui più si parla nel mondo della ristorazione. Sia perché è una bella notizia sia perché è purtroppo una notizia rara.

Intanto, un po’ di contesto: il nome Alajmo viene dal cognome dei due fratelli Massimiliano e Raffaele, il primo chef (anzi, il più giovane chef al mondo ad avere ricevuto le 3 stelle Michelin) e il secondo amministratore delegato dell’azienda. Azienda che a sua volta gestisce 14 ristoranti tra Padova, Venezia, Parigi, Marrakech e Cortina e ha 230 dipendenti: “Le novità si applicano a tutti quelli contrattualizzati in Italia, mentre per quelli in Francia e Marocco vanno ovviamente adeguate alle leggi nazionali, che è una cosa che stiamo cercando di fare”, ci ha spiegato Raffaele Alajmo.

I 6 punti del nuovo contratto del gruppo Alajmo

Da lui ci siamo fatti raccontare i dettagli delle novità, che in estrema sintesi sono queste:

- un premio aziendale di 3mila euro a persona per “prestazioni e comportamenti positivi di squadra”; - un migliore contratto integrativo, eventualmente in sostituzione del premio aziendale; - l’accesso alla Alajmo Accademy “al fine di garantire un continuo aggiornamento delle competenze”; -rispetto a quanto previsto dalla legge, “condizioni di miglior favore” per la concessione dell’anticipo del TFR; - più giorni annui di congedo per malattia dei figli e più alti limiti di età dei figli che danno diritto a questo beneficio; - possibilità di cedere gratuitamente alcuni dei giorni di ferie a colleghi che siano in condizione di difficoltà.

Iniziando dalla prima voce, Alajmo ci ha confermato che “il premio è annuo”, è ovviamente legato agli obiettivi e soprattutto che “può andare anche oltre i 3mila euro: quella è la soglia entro la quale l’assegno è soggetto a un trattamento fiscale più favorevole”. Significa che sino a 3mila euro la tassazione è solo del 5% e che dunque i soldi che si mettono davvero in tasca sono 2850 euro. Quanto al cosiddetto welfare, sarà declinato in vari modi: “Dall’assicurazione medica all’ingresso in palestra, dalle facilitazioni per l’acquisto di carburante a quelle per la spesa - ci ha detto ancora Alajmo - Insieme con Banca Intesa stiamo definendo i dettagli del programma con vari partner, cui i dipendenti potranno rivolgersi per avere le agevolazioni”. Nelle intenzioni dell’azienda, il contratto integrativo dovrebbe poter “incrementare fino al 30% il valore del premio economico maturato”. Inoltre, come detto è stata "sburocratizzata il più possibile e resa più semplice la procedura per chiedere l’anticipo della liquidazione” e anche sono stati aumentati i giorni a disposizione per l’eventuale malattia dei figli.

La cura per i dipendenti

E poi c’è quella che forse è la cosa che a noi personalmente è piaciuta di più, e ad Alajmo l’abbiamo detto: la possibilità per un dipendente di cedere le proprie ferie a un collega in difficoltà. Che sembra un gesto di umanità pura e semplice: “È esattamente così - ci ha confermato l’AD del gruppo - Questo è un lavoro difficile, faticoso e che di solito non ha orari e abbiamo voluto andare incontro al personale. Cosa che per noi comunque non è una novità”. In che senso? “Trattamento e cura dei nostri lavoratori sono da sempre importanti qui: hanno 13esima e 14esima, al Quadri e alle Calandre (il ristorante da cui è partito tutto, ndr) hanno 2 giorni e mezzo di riposo alla settimana e nel secondo anche 3 settimane di ferie ad agosto e 2 settimane e mezza a gennaio”.

Ancora: “Chi viene a lavorare da noi è una persona attenta alla qualità, ha ambizione e vuole imparare - ci ha detto Alajmo - ma qui non trova solo questo e non trova solo lo stipendio ma anche un insieme di benefici aggiuntivi”. Benefici che l’azienda ha stabilito d’accordo con i sindacati, in un dialogo decisamente raro in questo settore e che alla fine ha dato buoni frutti.

Un passo attuale ma guardando al futuro

L’idea di fondo sembra quella di stare bene e di fare stare bene le persone cui si lavora accanto, che è un po’ anche l’idea dello chef René Redzepi, che ha deciso di chiudere, stravolgere e poi eventualmente riaprire il suo Noma, il miglior ristorante al mondo, perché “era umanamente impossibile andare avanti”.

Quando gliel’abbiamo fatto notare, Alajmo ci ha detto una cosa che ci hanno detto anche altri suoi colleghi (pochi, a dire il vero): “I due anni della pandemia, con gli orari di chiusura imposti, ci hanno costretti in qualche modo a rivedere le priorità, si tornava a casa e ci si godeva pezzi di vita che prima andavano perduti”. Si apprezzavano cose che rischiavano di andare perse e anche si migliorava il cosiddetto work-life balance, quell’equilibrio fra vita professionale e privata che spesso chi lavora nella ristorazione rischia di vedere travolto.

Che è un concetto, questo, che sta molto a cuore soprattutto ai più giovani: “Le nuove generazioni vivono in modo diverso, hanno un diverso approccio al sacrificio - ci ha detto Alajmo, senza però scadere nel cliché dei ragazzi che non vogliono lavorare - Non è più come prima, che se non facevi fatica non era vero lavoro”. Insomma: “Abbiamo fatto questo passo perché la nostra impostazione è questa, ma anche l’abbiamo fatto perché è un passo utile per il futuro. Se il contratto nazionale del nostro settore non verrà rivisto in questa direzione, fra qualche anno rischiamo di trovarci senza nessuno che voglia fare questo lavoro”. Perché? “Perché un cameriere non può lavorare 6 giorni su 7 e non arrivare a 2mila euro di stipendio”. Soprattutto se l’altra faccia della medaglia è una qualità della vita di livello basso o bassissimo.

Emanuele Capone

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