Attualità

Abbiamo scoperto i "neuroni del cibo"?

pubblicata il 31.08.2022

Quando osserviamo un cibo che ci piace ci viene l'acquolina, quello che non sapevamo è che nel nostro cervello sembra ci sia una vera e propria popolazione specializzata di neuroni che si "accendono" quando osserviamo un alimento. 

Possiamo passare ore su Instagram a guardare foto e video di piatti succulenti. Golosità, certo, ma a quanto pare ora abbiamo scoperto che le immagini dei cibi attivano una popolazione specifica di neuroni. La scoperta, da poco pubblicata sulla rivista Current Biology, suggerisce che l’importanza culturale del cibo per gli esseri umani sia radicata nel nostro cervello.

Una scoperta inaspettata

Un piccolo passo indietro per capire meglio. I neuroscienziati hanno a disposizione una potente tecnologia per indagare, in modo non invasivo, come si comporta il cervello di fronte a uno stimolo: la risonanza magnetica funzionale (Fmri). La macchina misura in tempo reale quali aree del cervello stanno consumando più ossigeno mentre il soggetto esegue un compito, e indica quindi dove i neuroni sono al lavoro in quel momento. I dati, elaborati da un computer, producono una mappa che mostra le aree attive che si “accendono” con un colore diverso.

In questo modo si è scoperto negli anni che la percezione di volti, corpi, luoghi e di parole attiva specifici gruppi di neuroni. La Fmri è strabiliante ma ha il difetto di tutte le tecnologie: senza robuste analisi statistiche, c’è rischio di prendere fischi per fiaschi e scambiare il “rumore” del nostro cervello, in continua attività, per un segnale. I ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT), autori della ricerca, per fare questo esperimento non hanno più fatto vedere alle persone sottoposte al test oggetti singoli come potrebbe essere un volto, un luogo, una pianta, un animale, ma un grande insieme di scene (oltre 10000 immagini) con più elementi all'interno. Da qui l'algoritmo non solo ha confermato che il cervello effettivamente reagisce a volti, corpi, parole e luoghi, ma ha identificato anche una quinta categoria che prima non era stata presa in considerazione, ovvero il cibo.

Non è la luna, è una banana

La cautela non è mai troppa, quindi i ricercatori hanno fatto esperimenti per escludere altre spiegazioni. Hanno confrontato la risposta tra immagini che mostravano cibi e immagini che mostravano altri oggetti di forma simile. Per esempio, una falce di luna e una banana. Ma il risultato è sempre stato che la risposta è superiore quando vediamo qualcosa che si può mangiare, rispetto a qualcosa di non commestibile. Non solo. In alcuni soggetti la risposta è leggermente più forte per cibi processati (pizza, per esempio), rispetto a cibi crudi come frutta e verdura

Secondo i ricercatori questi neuroni sono passati inosservati perché si trovano molto vicini ad altri con funzioni diverse, e la risoluzione della Fmri era troppo limitata per distinguerli senza un ampio set di dati. Come sempre, è saggio attendere che questa possibile scoperta sia replicata da altri ricercatori, prima di poter parlare di “neuroni del cibo”. Studi più ampi (le immagini erano molte, ma i partecipanti erano 8) potranno confermarlo.

Ci potremmo chiedere cinicamente se serviva uno studio per capire che quello che mangiamo è importante, ma in realtà questa ricerca può aprire domande interessanti. Per esempio, quand'è durante lo sviluppo dell’individuo che si specializzano questi neuroni, e che rapporto hanno con gli altri? E siamo i soli animali ad averli?

Le neuroscienze del cibo sono un campo in espansione che può rivelare molte sorprese. Per esempio una recente ricerca suggerisce, sempre in base alle immagini, che siamo in grado di scegliere istintivamente i cibi più con più micronutrienti, tuttavia questa capacità potrebbe essere oggi meno efficiente a causa dell’ampia disponibilità di cibo spazzatura, insaporito artificialmente. Con centinaia di milioni di foto taggate #food intorno a noi, vale la pena studiare cosa succede nel nostro cervello quando ci rifacciamo gli occhi guardando un bel piatto, e perché.

Stefano Dalla Casa

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