Trilogy di Italesse: tre calici per raccontare la filosofia delle bollicine
Trilogy è la nuova collezione di calici professionali firmata Italesse: tre forme per tre diversi modi di sperimentare le bollicine, presentata in occasione di una masterclass con il Gruppo Meregalli nella loro sede storica. Un progetto che trasforma la degustazione in un’esperienza completa: la forma non segue il vino, lo rivela
C’è una luce bassa che accarezza la pietra e nell’aria si riconosce il profumo fresco e minerale tipico delle antiche cantine. L’ex convento che la tradizione lega alla Monaca di Monza custodisce ancora la memoria dei suoi silenzi: un fascino sospeso, una promessa. È qui - nel quartier generale del Gruppo Meregalli, storica realtà italiana della distribuzione vinicola che seleziona e porta sul mercato etichette internazionali di pregio - che Italesse presenta Trilogy, tre calici progettati per dare voce alle bollicine, durante una masterclass dedicata ai grandi Champagne.
Senses: una ricerca che dà forma al gusto
Trilogy è il frutto di una ricerca avviata da anni: comprendere come la geometria del vetro influenzi la percezione aromatica. Studi su materiali, spessori, inclinazioni: ogni scelta progettuale è finalizzata a esaltare la complessità del vino, non a decorarlo. “Ogni vino ha una personalità da raccontare”, spiega Massimo Barducci, CEO di Italesse. “Il nostro compito è far sì che quella personalità arrivi intatta a chi la assaggia”.
Questo lavoro prende forma nel progetto Senses, un percorso che ha dato vita a calici dedicati ai grandi vini fermi, come il T-made 76 AV per l'Amarone della Valpolicella e il T-made 75 per il Barolo, che hanno già dimostrato quanto il vetro possa cambiare il modo di percepire un vino.
Oggi quella stessa ricerca si apre al mondo delle bollicine, che è un universo eterogeneo. Vitigni, affinamenti sui lieviti, dosaggi e stile del produttore generano profili sensoriali spesso molto diversi tra loro. Per questo, Trilogy si declina in tre forme complementari - 49, 55, 75 - nate per accompagnare altrettante interpretazioni del perlage e tutte realizzate in cristallo ad alta trasparenza, con spessori calibrati per offrire leggerezza e miglior trasmissione aromatica.
Trilogy: tre interpretazioni delle bollicine
Il percorso inizia con il 49, dalla silhouette slanciata e le pareti più dritte, pensato per valorizzare freschezza e ritmo delle bollicine. Il perlage corre veloce, gli aromi si concentrano verso l’alto. Con la Special Cuvée di Bollinger la vitalità degli agrumi e la croccantezza del frutto arrivano con precisione, quasi fossero guidate. È il calice dei vini giovani e dinamici, dove immediatezza e tensione sono parte dell’identità.
Quando si passa al 55, il racconto cambia tono. La coppa si allarga leggermente, i profumi trovano una superficie di contatto maggiore, l’ossigenazione diventa un alleato. Il Pinot Nero del PN TX20, in questa forma, mostra una stratificazione più chiara: alla mineralità si aggiunge una morbidezza tattile, la sapidità si allunga, la frutta si fa più matura. È un bicchiere pensato per Champagne complessi, che hanno bisogno di qualche istante in più per svelarsi.
Il 75 è il calice delle grandi occasioni. La coppa ampia offre respiro e permette ai vini più strutturati di assumere tridimensionalità: naso, palato e finale si arricchiscono e si inseguono con coerenza. La Grande Année 2015 si fa più ricca senza perdere eleganza; il Rosé de Saignée rivela una cremosità vellutata e una persistenza che resta sul palato come una carezza. È un bicchiere per Champagne importanti, per millesimati, per cuvée dall’affinamento lungo, dove il tempo è un valore e non un peso.
Nella stessa bottiglia si nasconde più di un racconto: Trilogy non cambia il vino, ma gli restituisce sfumature che altrimenti rischierebbero di restare in ombra. La differenza è reale, percepibile al naso e al palato, anche per il degustatore meno esperto.
E in questa penombra carica di storia, il vino sembra davvero trovare la sua voce. Trilogy porta sulla tavola un gesto consapevole: scegliere non solo cosa si beve, ma come lo si lascia parlare. Perché a volte, per comprendere davvero un vino, basta la forma giusta. E la voglia di ascoltare.
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