Attualità

Giacimenti gastronomici | SPA Terminous, Bermondsey London

pubblicata il 24.01.2013

Per arrivarci ci vuole quel minimo d'impegno, che a Londra significa uscire dalla Tube, tanto comoda, per mettersi a scrutare mappe e cartelli, poi lanciarsi sul bus, fare un certo numero di isolati dal London Bridge, attraverso palazzi di lusso, quindi signorili e poi più popolari, ma nemmeno troppo, infine atterrare in Jamaica Road, che così a occhio deve attraversare il quartiere jamaicano, visto il nome ed i simpatici e multicolore compagni di viaggio. Da lì una piccola scarpinata fin sotto la ferrovia e siete arrivati.
A che pro mi chiederete, voi che di Londra conoscete ogni angolo, i migliori ristoranti, i mercatini più sfiziosi, voi che fra un'ostrica scozzese e un bicchiere a Vinopolis siete degli habituè del Borough Market? Un cercatore di funghi non vi svela mai i suoi boschi, ma se per caso se li lascia scappare una capatina è d'obbligo... Già dovrebbe bastare la presenza di The Kernel, forse il migliore dei birrifici della nouvelle vague londinese, modernista e piuttosto distante dalla tradizione britannica ma - quel che conta - capace di sfornare ottimi prodotti. Questa perlomeno è stata la ragione che ha spinto me nel quartiere di Bermondsey.
Poi c'è anche il gusto della scoperta, il piacere di trovarsi in un piccolo paradiso gastronomico che non ti aspetti, dall'animo locale, perché i cacciatori di prelibatezze vanno già tutti al Borough Market. Lo spirito è identico, a parte le bancarelle che qui non ci sono, ma solo un buon numero di produttori e piccoli negozietti ricavati sotto gli archi della ferrovia. Trovare lo SPA Terminous può non essere banale, in mancanza di chiare indicazioni: io ho scarpinato un buon miglio prima di capire che il nocciolo - i.e. The Kernel - stava proprio fra quei tre lati di vecchi magazzini dall'aria dimessa e la sopraelevata ferroviara, ingresso Dockley Road. In realtà i noccioli del mercato sono due, a breve distanza e sempre lungo la ferrovia.
Non fate come me che quando posso mi sveglio sempre tardi: la giornata in cui andare è il sabato e l'ideale è arrivare per colazione, o meglio ancora per il brunch, termine mostruoso che nel Regno Unito può essere ancora accettabile. Troverete ogni bendiddio, dal torrefattore al panettiere con le brioches appena sfornate, al venditore di miele,  al gelataio, al macellaio, fino al fruttivendolo. Quel conta è la qualità: mediamente alta, a volte altissima.
Se anche voi siete lì per Kernel, troverete la tap room racchiusa fra due arcate, "arredate" alla buona per usare un eufemismo: quattro panche stile campo profughi fra pile di fusti e bancali di bottiglie. Se siete gente che non si formalizza, sopravviverete godendo del convivio di appassionati di birra e giovani del posto che affollano il luogo.
Si è detto delle birre, mediamente straordinarie, per quanto modaiole. Colonizzate un angolo tutto per voi sulle panche e ordinatene un paio: ad esempio una delle ottime Pale Ale che sicuramente troverete disponibili e la mostruosa Export Stout, ricca, lussuriosa, appagante senza cedere alla stucchevolezza o alla pesantezza di bevuta. Indi, fatti cinque-passi-cinque, entrate dal salumaio giusto a fianco, che propone prodotti perlopiù italiani e affatto banali. Li sgrasserete con la vostra Pale Ale agrumata di luppoli americani.
Per sbancare dovrete traversare il tunnel, 30 passi. Mi ci hanno mandato i salumai in cerca di pane, spacciandomelo come il migliore affinatore d'Inghilterra: Neal's Yard Dairy. Sì vabbé, dicono tutti così. Fra Ceddar e tome e tomini di non meglio specificata origine, ma solido godimento, svenirete provando il loro Stichelton sovrumano. Tornati al desco del birrificio, stappata la Export Stout in abbinamento, starete nel Regno dei Giusti.

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