Perché manca l’acqua gassata e come si produce: 5 risposte per capire il problema della CO2
Dovremo abituarci a rinunciare all’acqua frizzante, ma perché? Qual è il problema della CO2 per scopi alimentari? Chi la produce? Come si fa? Soprattutto: perché scarseggia? Lo spieghiamo qui.
Le conseguenze di due anni di pandemia, così come quelle della guerra in Ucraina, con la scarsità di materie prime e l’impennata dei prezzi, quest’estate si sono fatte sempre più sentire, tanto da coinvolgere anche settori poco immaginabili, almeno per il consumatore comune. Per esempio, quello della produzione di acqua frizzante, ora in crisi.
Proprio così: fra luglio e agosto, Sant’Anna, che è il più grande produttore europeo di acque oligominerali (1,5 miliardi di bottiglie l’anno), Lauretana e altri hanno annunciato di essere costrette a interrompere la produzione di acqua gassata. Il problema è che la disponibilità di anidride carbonica sui mercati è sempre più limitata e che quella che c’è è carissima e “abbiamo dovuto fare delle scelte - come hanno spiegato da Lauretana - perché ne abbiamo ancora un quantitativo davvero minimo e abbiamo deciso di usarlo per produrre quella imbottigliata nel vetro e destinata ai ristoranti”.
Ma perché succede tutto questo? Qual è il problema della CO2 per scopi alimentari? Chi la produce? Come si produce? Perché scarseggia? Di seguito rispondiamo a 5 delle domande più comuni sul tema, per aiutare a capire meglio la questione.
Come si produce la CO2 per alimenti
In Europa, la produzione di anidride carbonica per utilizzi alimentari viene fatta prevalentemente negli impianti che realizzano fertilizzanti, che ottengono questo gas come sottoprodotto dell’ammoniaca, e anche nelle fabbriche di bioetanolo da dove (di nuovo) esce come sottoprodotto. Poi ci sono le sorgenti naturali di acqua effervescente, come quella venduta con i marchi Ferrarelle o Perrier.
Quali sono gli usi alimentari della CO2
Oltre che per fare l’acqua frizzante, l’anidride carbonica si usa pure per le bibite gassate, per spillare la birra alla spina, nella lavorazione dei surgelati e per migliorare la conservazione delle confezioni di cibo in atmosfera modificata (è il caso delle insalate confezionate e pre-lavate).
Chi produce anidride carbonica
Le aziende più grandi e note, fra quelle che producono CO2 per scopi alimentari, sono Air Liquide, Basf, Linde, Masser e Praxair. Nonostante quello che si legge sui social network, la Russia e la guerra in Ucraina c’entrano solo sino a un certo punto: è vero che i due Paesi sono fra i principali produttori di fertilizzanti (da cui si ricava in parte l’anidride carbonica), ma le vere ragioni del problema sono altre.
Perché manca l’acqua gassata
Soprattutto per 3 motivi. Il primo punto da tenere presente è che le aziende impegnate nel settore hanno subìto (come molte altre) le conseguenze della crisi energetica: gli alti costi di produzione le hanno costrette a lavorare al di sotto delle reali capacità. Dunque, l’offerta di CO2 per fare l’acqua frizzante si è ridotta. Poi c’è la questione dei trasporti: l’anidride carbonica va movimentata in bombole molto pesanti oppure in cisterne refrigerate a 80 gradi sottozero. È un lavoro parecchio delicato, che quindi non può essere fatto su larga scala, magari per fare fronte a un aumento della domanda. Infine, la pandemia: la CO2 è importante anche nel mondo sanitario (è un gas inerte che viene usato tantissimo per gli interventi in laparoscopia, oltre che nei reparti di malattie infettive) e nell’ultimo paio d’anni gli ospedali hanno aumentato la loro richiesta. Facendo calare la disponibilità per altri scopi.
Quello dell’acqua gassata è un problema solo dell’Italia?
No, ma in qualche modo sì. No, perché il problema si era verificato già a fine 2021 nel Regno Unito, e poi quest’anno in altri Paesi, come Olanda e Spagna. E però sì per due motivi: perché l’Italia è insieme fra i principali produttori e fra i principali consumatori di acqua gassata, dunque da noi il problema è sicuramente più sentito.
A tutto quello visto sin qui si aggiunge tutto il resto: a fine luglio, Alberto Bertone, presidente di Fonti di Vinadio (Acqua Sant'Anna), aveva spiegato che “per la plastica con cui facciamo le bottiglie spendiamo il 150% in più, il costo dei trasporti è raddoppiato, quello dell'energia si è moltiplicato per 5” e appunto “quello dell'anidride carbonica addirittura per 7”.
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