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Perché ci piace l’alcol? Ce lo spiega la teoria della scimmia ubriaca (forse)

pubblicata il 10.05.2022

Se ci piace alzare il gomito è colpa dell'evoluzione. Secondo l'ipotesi della "scimmia ubriaca" i nostri antenati con la coda hanno cominciato a mangiare frutta fermentata (e quindi alcolica) perché più calorica. Il comportamento di moderni primati non umani sembra confermarlo, ma è solo un'ipotesi tra le tante.

Dalla nascita dell’agricoltura la nostra specie ha cominciato a produrre e consumare anche bevande alcoliche. 13mila anni fa, nell’attuale Israele, si faceva già la birra: dopotutto serve lo stesso lievito usato per il pane. L’alcol (etanolo) non è però un alimento, ma una sostanza tossica per le cellule. Non ci piace perché ci serve per vivere, ma perché è una droga che consideriamo accettabile da consumare, specialmente in compagnia. Secondo l’antropologo Robert Dudley, però, ci sarebbe un legame più profondo che lega la nostra specie all’alcol.

A caccia di calorie

Sarebbe tutta colpa dell’evoluzione, che da quando avevamo la coda avrebbe favorito la ricerca dell’etanolo in natura. Per produrlo, infatti, non serve una distilleria: si trova naturalmente nei frutti molto maturi, dove gli zuccheri cominciano a fermentare. Questi frutti sono molto calorici, e possono essere individuati anche con l’olfatto perché l’etanolo si diffonde facilmente nell’aria. 

Nell’evoluzione i primati che mangiano frutta avrebbero imparato a scegliere quella più energetica, e quindi più alcolica. Questo appetito per l’alcol si sarebbe trasmesso anche agli esseri umani, che però hanno imparato a fare etanolo molto più concentrato, aprendo la strada anche all’abuso. Questa è l’ipotesi della “scimmia ubriaca”, come l’ha battezzata Dudley nel 2014.

Le scimmie, effettivamente, si ubriacano

Oltre agli esseri umani, diverse specie di primati dimostrano di gradire le bevande alcoliche e sanno metabolizzare l’etanolo. Per esempio, un gruppo di scimpanzé ha imparato a rubare il vino di palma direttamente dalle taniche di plastica dove veniva raccolta la linfa fermentata delle piante. Alcuni di loro si sono addirittura ubriacati.  

Le scimmie, come noi, sollevano il gomito se ne hanno l’opportunità, ma questo non prova che in natura si siano adattate alla ricerca di frutta fermentata, come vuole l’ipotesi della scimmia ubriaca. Un recente studio, però, suggerisce proprio questo. Un gruppo di ricercatori, tra cui lo stesso Dudley, ha scoperto che le scimmie ragno dalle mani nere sull’isola di Barro Colorado (Panama) mangiano regolarmente frutta che contiene un po’ di alcol. Negli avanzi caduti al suolo le analisi hanno infatti trovato l’1-2% di etanolo. Gli esami sulle urine hanno anche rivelato che queste scimmie sono in grado di digerirlo, come gli esseri umani.

Un’ipotesi ancora allo studio

Per i ricercatori è un forte indizio a favore dell’ipotesi della scimmia ubriaca, ma è bene precisare che rimane un’ipotesi. Gli studi sul campo sono ancora pochi, e non sappiamo se davvero le scimmie usino l’alcol per scegliere la frutta matura o se sia accidentale (nella frutta marcia c’è molto più etanolo che in quella matura, dopotutto). Quello che fanno questi lontani cugini, inoltre, non è per forza applicabile agli esseri umani ai loro antenati: servono altri studi. Quanto il nostro rapporto con l’alcol sia ancestrale o meno, insomma, è un problema aperto.

Stefano Dalla Casa

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