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Ecco cosa ci trovi quando il pacco da giù arriva dall' Abruzzo

pubblicata il 20.12.2023

Sorpresa! È arrivato un nuovo pacco da giù, stavolta dall’Abruzzo. Cosa ci sarà dentro?

Quando in redazione vediamo comparire una scatola piena di prodotti regionali, torniamo tutti un po’ bambini: c’è l’emozione di aprirla, la curiosità di scoprire nuovi sapori, l’acquolina in bocca per cibi che magari non avevamo mai sentito nominare prima, ma di cui poi non ci dimenticheremo più.

Dopo il pacco da giù di Peppe Guida e quello di Giuseppe dalla Calabria, stavolta Irene ha voluto stupirci con alcune prelibatezze provenienti dall’Abruzzo. Pronti per l’unboxing? Un’esplosione di gusto è in arrivo!

Spaghetti alla chitarra: la pasta abruzzese per eccellenza

Un piatto che arricchisce le tavole abruzzesi da almeno cinquecento anni: gli spaghetti alla chitarra (o maccheroni alla chitarra, o anche solo chitarra) sono un formato di pasta all’uovo tipico della tradizione. Lunghi una trentina di centimetri e a sezione quadrata, sono ruvidi e spessi proprio come alcuni loro “cugini” dell’Italia centrale: i crioli molisani e i tonnarelli laziali.

Si preparano con uno speciale telaio di legno su cui sono fissati fili metallici a una distanza di circa 2 millimetri l’uno dall’altro. Su questi vengono posate le strisce di pasta fresca, dette pettele, poi spianate con il mattarello di modo che, per la pressione, i fili taglino la pasta creando i caratteristici spaghetti. Immancabile nelle case di tutte le nonne d’Abruzzo, che al momento di sposarsi lo ricevevano in dote dai genitori, il telaio ha preso il nome di chitarra per via delle sue molte “corde”, che lo rendono effettivamente simile allo strumento musicale.

Gli spaghetti alla chitarra sono il classico piatto della domenica e dei giorni di festa, quando tutta la famiglia si riunisce a tavola. Tradizionalmente si gustano con le pallottine (un sostanzioso sugo di pomodoro arricchito con piccole polpette di vitello), ma si sposano benissimo anche con il ragù di pecora o con condimenti più delicati, a base di pesce o verdure.

Ferratelle, una pausa di dolcezza

Risolto il pranzo, iniziate già a pensare alla merenda? Niente paura, ci sono le ferratelle! Di cosa si tratta? Sono cialde di pasta biscotto, che si trovano in almeno due versioni, soffici e morbide oppure sottili e croccanti.

Profumatissime e buone anche da sole, si possono mangiare spolverate di zucchero a velo o farcite con confetture (provate quella d’uva, la più tradizionale!), gelato, frutta fresca, creme dolci.

Chiamate anche cancellate, pizzelle o neole, si cuociono sul fuoco con una piastra doppia (i “ferri”, appunto), da girare a metà cottura - regolandosi, secondo una delle molte tradizioni legate a questi dolci, con il tempo necessario a recitare l’Ave Maria. Oggi in commercio se ne trovano di ogni tipo, ma un tempo era un attrezzo artigianale di grande valore, personalizzato con lo stemma della famiglia a cui apparteneva o con le iniziali della sposa a cui, di nuovo, andava in dote.

Alla scoperta dello zafferanno dell’Aquila Dop, l’oro rosso d’Abruzzo

Ed ecco che, dal nostro pacco da giù, spunta una vera e propria gemma, o meglio una pepita d’oro: è lo zafferano dell’Aquila, uno dei più apprezzati al mondo.

Secondo la leggenda, è stato il monaco domenicano Santucci di Navelli a scoprire delle piantine di Crocus sativus in Spagna, dove era impegnato nel Tribunale dell’Inquisizione, e a portarle nel suo paese d’origine. I bulbi trovarono un habitat ottimale nella Piana di Navelli, altopiano in provincia dell’Aquila, e vi attecchirono immediatamente, dando una resa di gran lunga migliore che altrove.

Era il XII secolo: da allora, seppur con avverse fortune, la produzione non si è mai interrotta e oggi si attesta sui 20 kg all’anno (pochissimi rispetto ai periodi più felici, quando si parlava di diversi quintali… ma non bisogna dimenticare che, per ottenere un chilo di zafferano, servono all’incirca 200.000 fiori e 500 ore di lavoro!).

Di un bel colore rosso porpora, lo zafferano dell’Aquila ha un aroma intenso e un gusto deciso. Ed è protagonista di molte gustose ricette della tradizione, per esempio i cannarozzetti (formato di pasta abruzzese simile ai ditaloni) allo zafferano, con ricotta e guanciale, o le costatine di agnello allo zafferano, o ancora il liquore allo zafferano, perfetta conclusione di un lauto pasto.

Tris di bontà per un aperitivo perfetto: salame di suino, salsiccia di fegato e pecorino abruzzese

Se invece cercate spunti per un aperitivo, o per un antipasto, o ancora per uno snack robusto e genuino, ecco quello che fa per voi!

Il salame di suino abruzzese viene preparato con carni fresche macinate a grana fine, insaporite con sale, pepe e spezie. La sua curiosa forma schiacciata è dovuta alla pressatura fra due assi di legno. Ha un profumo intenso e un gusto morbido, ma bisogna fare attenzione: una fetta tira l’altra…

Per chi invece è alla ricerca di sapori più particolari, ecco la tradizionale salsiccia di fegato– la cicolana, come viene chiamata, perché tradizionalmente era prodotta nell’area dell’attuale Comunità montana Salto Cicolano, fra Lazio e Abruzzo. È fatta con fegato e altre parti di suino, grasse e magre (un tempo anche cuore e lingua), insaporite con pepe e aromi naturali. Nella sua versione più dolce, si aggiunge anche un po’ di miele; in quella piccante, abbondante peperoncino. Molto amata in Abruzzo, un tempo faceva parte della classica colazione della mattina di Pasqua. Oggi forse si preferisce mangiarla ad altri orari… ma ha un gusto unico, che piace anche a chi davanti alla parola “fegato” di solito storce il naso.

… e infine il pecorino, il formaggio simbolo della storia e della cultura abruzzese. Appena aperta la confezione, un profumo intenso e aromatico ci solletica le narici. E il sapore non è da meno: amabile ma con una punta di piccante, e il gusto delle erbe che accompagnano la transumanza delle pecore. Così la racconta il poeta pescarese Gabriele D’Annunzio in I pastori: «Settembre, andiamo. È tempo di migrare. / Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori / lascian gli stazzi e vanno verso il mare». Un formaggio che nasce e matura fra le vette dell’Appennino e le onde placide dell’Adriatico: così ogni morso diventa una poesia.

Pronti? Tagliere, coltello, un bicchiere di vino (magari un buon Montepulciano d’Abruzzo, che si sposa alla perfezione con tutti e tre i prodotti) e via!

A Natale o tutto l’anno, torrone morbido e parrozzo!

Il torrone morbido è una specialità storica del capoluogo abruzzese: la versione classica, al cacao e nocciole con miele e vaniglia, delizia il Natale (e, più in generale, i giorni di festa) degli aquilani già dai primi anni del Novecento. Oggi l’offerta dei gusti si è molto ampliata, ma la lavorazione segue ancora la segretissima ricetta originale. Il risultato è un torrone tenero e avvolgente, che riempie la bocca e il cuore di dolcezza.

E per concludere in bellezza, ecco che dal pacco da giù esce un invitante parrozzo! Il dolce natalizio abruzzese per eccellenza nasce nel 1920 a Pescara, quando il pasticciere Luigi D’Amico decise di realizzare una torta che ricordasse nell’aspetto la tipica pagnotta di grano duro della tradizione contadina (un “pane rozzo”, insomma: da qui il suo nome). Per simulare il colore giallo dell’interno, dovuto al granturco, D’Amico pensò a un impasto a base di uova, mandorle e semolino; al posto della crosta bruna dovuta alla cottura in forno, inventò una copertura al cioccolato fondente. E così, con pochi ingredienti e un procedimento tutto sommato semplice, stupì i suoi concittadini con un dolce buono e profumato… primo fra tutti il già citato Gabriele D’Annunzio, che dopo averlo assaggiato compose niente meno che un madrigale: La canzone del parrozzo. A dimostrazione del fatto che il cibo, quando è buono, è un’opera d’arte.

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