Attualità

Itinerari | Osmize

pubblicata il 09.07.2013

Il Carso è terra di confine. Cartelli bilingui e una storia dura e controversa che pesa come un macigno. Eppure territorio, lingua e tradizioni qui si sono divertiti a fondersi e confondersi, a dispetto della storia.
Ti basterà una utilitaria e un piccolo budget, piccolo come se fossimo ancora nel secolo scorso, e un navigatore: di nuovo meglio uno di quelli del secolo scorso, umano, con due occhi vigili per cogliere i segnali lungo la via, con la voglia di scoprire i territori del terrano. E ci sarà da stupirsi. La méta della gita sono le osmize (o osmizze), dette anche frasche o private nella parte goriziana del Carso. Sono luoghi in cui si possono bere vini e mangiare prodotti del territorio direttamente a casa del contadino che li ha prodotti.
Sono aperte solo poche settimane l'anno: all'origine la concessione all'apertura delle osmize era di soli otto giorni (osem, radice di osmizza, in sloveno è proprio otto). Oggi il periodo è variabile a seconda della provincia (Trieste e Gorizia) e dello stato di appartenenza. Per trovarle è sufficiente seguire le frasche, messe in bella vista sia lungo la strada che davanti all'osmiza, efficaci più di un qualunque cartello.
La prima sosta è nella provincia Goriziana, a Corona, località di Mariano del Friuli. La privata più nota qui è la Celestina. E' chiusa in luglio, ma la signora Celestina, che della privata è l'anima, non si fa problemi ad aprire la porta di casa anche fuori stagione per raccontarsi e far assaggiare i suoi prodotti. Allora scoprirai che è al 50° anno di attività e che negli anno 60 aveva aperto le porte di casa insieme al marito per pagare le cambiali del trattore. Ora è il figlio, vigile del fuoco, ad occuparsi della vigna e degli animali. E intanto sorseggia e condivide un bel merlot che non sfigurerebbe in bottiglia, ben fatto e dalla beva leggera. Parla con trasporto delle vigne e della coppa, davvero buona, che prepara con il figlio dai maiali di allevamento proprio.
Avrai la sensazione di essere finito in una provincia lontana, in cui si lavora duro, ma si riesce a godere del proprio lavoro, fatto di passione, dedizione. Nelle parole di Celestina l'orgoglio nel vedere, anno dopo anno, tornare gli stessi avventori, anche quelli che arrivano da lontano, come quelli che vengono da Roma, con la fisarmonica, ad allietare le serate della privata, o quelli che inviano le cartoline per un saluto affettuoso, tutte ordinatamente collezionate ed orgogliosamente appese all'interno.
La seconda sosta è nel carso Triestino a Duino-Aurisina , località Prepotto, presso l'osmiza di un giovane trentenne, Ivan Gabrovec. Nel cortile colonico c'è un enorme noce, sapientemente potato fino a ricavarne una naturale ampia tettoia. Il menù bilingue ti rassicura, l'offerta è variegata. Si può fare un pranzo all'ombra con i moltissimi salumi: prosciutto crudo, prosciutto arrosto con il cren, uno splendido ombolo, la lombata istriana, poi salame, ossocollo, verdure sottolio . Non manca il tradizionale uovo sodo. Per dissetarti troverai un rustico terrano o della malvasia, ad appena 4 euro al litro.
Il terrano non è indimenticabile, ma racconta la propria storia del territorio. Ivan è premuroso ed asciutto come ti aspetti dalla gente del luogo, l'osmiza è piena e l'atmosfera è rilassata.  La sosta sarà assai piacevole.
Ormai si è fatto pomeriggio, c'è ancora da varcare il confine e raggiungere una osmiza slovena. Qui la terra si fa rossa, è il territorio in cui il terrano si esprime al meglio.
Raggiungiamo l'osmica Kosmina a Brje pri Komnu, un piccolo borgo sloveno. Menù bilingue, ampia offerta di salumi e formaggi, ma anche crauti e salsiccia che vedrai servire a tutte le ore, ché da queste parti non ci sono rigide e ferree regole sugli orari dei pasti e della cucina.
Ci concentriamo sui dolci: lo strucolo, un dolce della tradizione del Carso, una variante dello strudel, può essere ripieno di mela e cannella o frutta secca, viene avvolto in uno strofinaccio e lessato in acqua o latte. Ha una pasta morbida, un po' spugnosa, senza crosta. Qui viene servito con una riduzione di terrano o con burro fuso e zucchero. Lo abbiamo accompagnato con un liquore di terrano, altra tradizionale offerta delle osmize, che indulge al dolce senza micragna.
Tornerai indietro con la sensazione di non essere stato turista di tradizioni antiche replicate all'infinito, senza anima, ma ospite di un popolo che alla propria cultura è attaccato con le unghie.

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