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Vi raccontiamo il pane di corteccia che fa rivivere i boschi del Friuli

pubblicata il 29.01.2019

Un pane di corteccia (guardalo nella gallery) che fa rivivere i boschi friulani distrutti dal maltempo dello scorso ottobre nella zona della Carnia e il Comune di Sappada. Abbiamo letto la notizia su Montagna Tv  e abbiamo voluto saperne di più, intervistando lo chef Stefano Basello del ristorante Il Fogolar all'interno dell'albergo Là di Moret a Udine

"Non siamo abituati a tutta questa notorietà", ci ha detto Basello con quel fare schivo di chi è abituato a lavorare a testa bassa. Si tratta infatti di un'idea semplice, ma vincente, accolta con un entusiamo inaspettato. "E' un pane che racchiude il ricordo della nostra montagna e di un dramma, usando una parte di scarto", continua lo chef.  "Il nostro sogno? Che un panificio della zona inizi a fare questo tipo di pane con l'obiettivo di sviluppare un certo tipo di turismo in Friuli".

L'intervista

Basello, com'è nata l'idea?

"Rispetto della natura e raccolta di erbe fanno parte del nostro lavoro. Non abbiamo inventato niente. Abbiamo solo ripercorso la tradizione contadina, che era stata dimenticata. Il nostro pane nasce da un'attenzione verso la nostra regione".

Cos'è il pane di corteccia?

"Noi lavoriamo con più cortecce, ma quella che ha avuto più risonanza è la corteccia di abete rosso, l'albero che dall'ottobre scorso è venuto a mancare. Ci sono delle vallate spoglie ed è impressionante. Solo tra 60-100 anni si calcola un ritorno di quei boschi. Per questo ci è venuta l'idea del pane di corteccia, affinchè i nostri bambini possano continuare a sentire almeno il profumo di quei boschi scomparsi. Ed è un lavoro a cui stavamo pensando da un paio d'anni".

Come si fa il pane di corteccia? 

"Utilizziamo quello che verrebbe buttato. La corteccia è il primo scarto: sotto si forma il tarlo ed è quindi la prima parte che i boscaioli buttano via. Ora gli alberi sono ghiacciati, ma abbiamo raccolto cortecce fino a 15 giorni fa. E' un lavoro che facciamo da soli a mano, nel nostro giorno di chiusura; portiamo le cortecce al ristorante e togliamo la parte interna che è la parte viva dove passa la linfa. Si passa poi all'essiccazione (60 gradi per 15 ore), alla riduzione a farina e allo stoccaggio in lotti in base a quanto abete rosso c'è all'interno. A questo punto procediamo con la panificazione con lievito madre. La raccolta delle cortecce va fatta entro tre settimane da quando l'albero è stato tagliato, altrimenti la corteccia perde la linfa e quindi tutti i profumi e sapori. Per questo è un'operazione che abbiamo fatto subito dopo il dramma lo scorso ottobre, appena hanno liberato le strade. Ora cerchiamo abeti caduti, ma che abbiano parte delle radici nel terreno, perchè così i principi nutritivi si mantengno vivi".

Qual è la differenza tra il vostro pane di corteccia e un pane tradizionale?

"All'inizio il pane rimaneva molto compatto e pesante. Siamo riusciti ora ad ottenere un buon risultato: crosta finissima e croccante. Quando lo si taglia da caldo escono tutti i profumi del bosco. Basta chiudere gli occhi e sembra di essere tra gli abeti. Un altro problema che abbiamo superato? Gli abeti sono molto resinosi e quindi il sapore del pane di corteccia era inizialmente molto balsamico con il rischio di rovinare il palato. Abbiamo calibrato le farine in modo da sentire il profumo dell'abete senza avere poi la bocca anestetizzata dal sapore molto forte".

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