Attualità

Giappone | Il mercato del pesce di Tsukiji

pubblicata il 10.12.2012

A Tokyo il Giappone dei Samurai è lontano. La città è moderna, a tratti ricorda New York tra la 5th Avenue e Times Square e ti accorgi di essere nel paese del sol Levante solo guardando le pareti di vetro dei negozi eleganti di Marunouchi e Ginza, di fronte alla pulizia maniacale delle quali le vetrine del resto del mondo impallidiscono, sconfitte senza appello.Bastano solo due passi più in là di Ginza fino al mercato del pesce di Tsukiji e l’atmosfera diventa un’altra, si respira aria tutta orientale. 700 000 tonnellate di pesce all’anno contro le 25.000 di Milano e le 170000 di Rungis a Parigi , 65000 addetti : una città nella città, pullulante di vita, commercio all’ingrosso e al dettaglio.Il pesce per i Giapponesi è come il grano per noi italiani: alla base della nostra cultura oltre che della nostra cucina, così forse non è poi così sorprendente che il mercato del pesce più importante al mondo sia proprio nella capitale Nipponica.L’ingrosso vive di notte, a partire dalle tre, e ha il suo culmine con la spettacolare asta del tonno. Migliaia di tonni ancora congelati ordinatamente posti sul pavimento di grandi capannoni, parzialmente sezionati per poterne controllare la carne, catalogati per la pronta identificazione. Sono pochi i turisti ammessi: solo 60 e in due turni, ben identificati da casacche fluorescenti. Il monito dell’intero mercato, oltre che dell’organizzazione, è chiaro ed immanente : “Turista-san, qui stiamo lavorando. Arigatò “ Allora ti senti tollerato, e la macchina fotografica la usi senza flash e con discrezione.L’asta vera comincia dopo le 5. Un esperto banditore con cappellino, tuta, stivali di gomma e campanello sale su uno sgabello alto un passo e con il tintinnare continuo richiama l’attenzione degli acquirenti che ordinatamente stanno esaminano i pezzi in vendita. Il lungo scampanellio d’improvviso si ferma e il banditore fa partire una litania, che oscilla tra una Haka e la preghiera del Muezzin, accompagnata dal linguaggio dell’intero corpo che asseconda lo scandire delle offerte. Tutt’intorno mani che si sollevano appena, ma sufficienti a comunicare in modo inequivoco e familiare. Nel giro di pochi minuti tutti i pezzi oggetto dell’asta vengono assegnati al miglior offerente. Il turista avrà capito poco, ma le operazioni successive di logistica e spostamento dei tonni lo rassicurano: tutto andato a buon fine.Nel moderno e tecnologico Giappone ti aspetteresti di vedere muletti portar via il bottino, invece dappertutto la maestria degli addetti alla logistica ha il sopravvento e con il solo uso di un doppio arpione per avere presa per ambedue le braccia e un sapiente movimento rotatorio, la bestia da un centinaio di kilogrammi è elegantemente caricata su un carrellino molto poco tecnologico.Un giro discreto per il mercato del pesce avendo sempre in mente che la gente è lì per lavorare, rimane uno spettacolo indelebile che finisce dritto nella memoria di lungo termine. Organismi viventi del mare multiformi e multicolori, dai grandi spada alle uova colorate, dai crostacei giganti a molluschi sconosciuti, inquietanti ofidiformi e il Katsuobushi, il tonnetto striato essiccato, affumicato, e grattugiato che è alla base di molti piatti della cucina nipponica. L’odore del pesce ti avvolge come una camicia, ma è fresco e leggero, lontano da quello che la memoria mi rimandava. Insomma l’odore del mercato del pesce di piazza Vittorio a Roma sta a quello di Tokyo come il deodorante economico del supermercato sta a Chanel n. 5, e per dare una idea più vicina alla realtà paragonerei gli stessi profumi odorati sulla pelle alla fine di una sessione in palestra .Di fianco c’è il mercato della frutta e verdura, dove l’atmosfera è più rilassata ed i turisti si sentono più a loro agio. Funghi e funghi e funghi e verdure tutte da scoprire.Alla fine del tour per i più temerari c’è la colazione delle 6 del mattino con sushi e sashimi nei deliziosi locali della zona con il pesce appena arrivato dal mercato. A giudicare dalle code fuori dai ristoranti i temerari non sono pochi.

Condividi

LEGGI ANCHE