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Da Ravenna a Los Angeles: dietro le quinte della pasta fresca surgelata di Surgital

pubblicata il 28.07.2022

Fondata oltre 40 anni fa in Romagna, l’azienda dà lavoro a 360 persone ed è attiva in 60 Paesi: “Volevamo portare l’eccellenza italiana nel mondo, e l’unico modo per farlo era surgelare”.

Surgelare è il modo migliore e più sicuro per garantire la qualità di un prodotto e per mantenerla nel tempo, senza usare conservanti o altro. È l’unico modo, e vale anche per la pasta”: le parole sono di Andrea Bino, che è il marketing manager di Surgital, un’azienda italiana che di lavoro fa proprio questo. Fa la pasta fresca, la surgela e la vende, in Italia e nel mondo.

Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con lui per farci spiegare che cosa intende quando dice che “surgelare è l’unico modo e il migliore”, quali siano i passaggi e i segreti del procedimento e anche capire come sia riuscire a farlo partendo dalla Pasta Valley italiana, superando pregiudizi e retaggi del passato.

Quarant’anni di storia, da Ravenna a Los Angeles

Surgital è stata fondata nel 1980 a Lavezzola, in provincia di Ravenna, da Romana Tamburini ed Edoardo Bacchini, moglie e marito e ancora oggi (rispettivamente), presidente e amministratore delegato dell’azienda. Era una piccola bottega, si chiamava LAT, cioè Laboratorio Artigianale Tortellini, ma da allora di strada ne ha fatta, pur restando fisicamente dov’era oltre quarant’anni fa: oggi lo stabilimento ha 29 linee produttive, da cui escono ogni giorno 180 tonnellate di pasta fresca, 80mila piatti pronti e 12 tonnellate di sughi.

Non solo: Surgital SPA, che nel 2022 stima di superare i 100 milioni di euro di fatturato, comprende anche le filiali America e France ed è attiva in oltre 60 Paesi del mondo. Bino ci ha svelato che “circa il 45% del fatturato arriva dall’estero” e che “gli Stati Uniti sono il nostro primo mercato (dopo l’Italia, ndr), seguiti da Spagna, Germania, Francia, Regno Unito e dal resto dell’Europa del Nord”. L’azienda dà lavoro a 360 persone, ha 550 distributori e negli anni Ottanta era partita subito con due idee in testa, in qualche modo collegate fra loro: vendere all’estero e surgelare. Collegate perché la prima è praticamente impossibile senza la seconda: “Da subito, l’intenzione dei fondatori era portare la pasta fresca nel mondo - ci ha confermato Bino - e surgelare è l’unico modo che lo rende fattibile, perché si ferma il deperimento del prodotto e la qualità rimane inalterata”. Non solo: “È anche più facile la conservazione, soprattutto se si tratta di pasta ripiena, pure se dentro ci sono latte, ricotta o formaggi”.

Pasta fatta a mano, però dalle macchine

Surgital vende soprattutto al mondo della ristorazione (il cosiddetto food service, che genera più o meno il 75% del fatturato), ma ha alcune linee di prodotto dedicate pure a noi consumatori, come La Sfoglina (nata nel 2000 da una collaborazione con Coop, comprende cannelloni, lasagne, ravioli e così via) oppure Piacere Mio!, la nuova gamma di salse e piatti pronti monoporzione per uso domestico. 

È tutta pasta fresca, ma surgelata: “Usiamo una modalità chiamata IQF - ci hanno spiegato dall’azienda - la sigla sta per Individually Quick Frozen e vuol dire che ogni raviolo, ogni gnocco, ogni agnolotto è surgelato singolarmente, così si può usare la quantità che si vuole con precisione”. Che è una cosa utile per noi, ma fondamentale nella ristorazione, così che nel creare le ricette di primi piatti si possa gestire al meglio l’ingrediente principale. E senza sprechi.

Questo è uno dei vantaggi dell’avere il prodotto surgelato (e surgelato con questa tecnica); l’altro è quello citato all’inizio, cioè il fatto di mantenere la qualità inalterata e di mantenerla a lungo: “Tutte le nostre paste hanno una durata molto lunga, dai 18 ai 24 mesi, e senza usare conservanti, coloranti, aromi o altro”. Di più: “Questo ci permette di usare ingredienti DOP per i ripieni senza timore che deperiscano, perché la pasta viene surgelata appena fatta”.

Resta la questione dell’artigianalità: come si fa a non perderla? In Surgital hanno una risposta anche per questo: “Negli anni, ci siamo fatti realizzare macchinari personalizzati, su nostre specifiche, perché possano replicare il lavoro e il movimento delle mani nel fare la pasta”. Anche nelle imperfezioni: “L’artigianalità resta, ma l’abbiamo industrializzata”, ci hanno spiegato dall’azienda, aggiungendo che “la nostra intenzione è sempre stata quella di esaltare non solo il made in Italy, ma quello che noi chiamiamo il made of Italy, cioè il prodotto dell’Italia, del sapere italiano e della competenza italiana”.

Insomma, l’idea è di fare come facevano le nostre nonne ma su scala più grande e con maggiore efficienza: “Anche loro facevano tanti tortellini (per esempio, ndr) in una volta e poi li congelavano. Noi li surgeliamo”.

Congelare non è surgelare

Questa differenza, quella fra congelare e surgelare, è importante. E capirla può aiutare a superare un po’ di pregiudizi su questo metodo di conservazione del cibo: “Il primo è il procedimento che fa il freezer di casa, un processo lento che forma macrocristalli all’interno del cibo, che è il motivo per cui restituisce acqua quando lo si riporta in temperatura - ci ha spiegato ancora Bino - Il secondo è quello che facciamo noi, cioè portare rapidissimamente l’alimento a -20 gradi, cosa che impedisce la formazione di macrocristalli, tanto che alla fine il cibo torna com’era”.

In Surgital sono consci del fatto che intorno alla pasta fresca surgelata ci sia parecchio scetticismo e ci siano parecchi preconcetti, perché li combattono da anni: “Per noi italiani, il concetto di fresco e surgelato insieme è difficile da recepire, perché sembra un ossimoro”. Sembrano due parole che non dovrebbero stare vicine, perché apparentemente esprimono due concetti opposti. E quando si parla di frutta e verdura, un po’ è così: la frutta o è fresca o è surgelata. La pasta no, la pasta può essere entrambe le cose insieme. Perché? “Perché per la pasta vogliono dire due cose diverse e complementari: la si chiama fresca per distinguerla da quella secca (dipende dalla quantità di acqua nell’impasto, ndr), diventa surgelata se si segue il procedimento di abbattimento spiegato prima”.

Un altro problema sono le aspettative, per esempio quando si va a pranzo o a cena fuori: “Quando vado al ristorante, soprattutto in quelli di alto livello, mi aspetto che lo chef faccia la pasta fresca al momento, ma non è sempre così e non è sempre possibile, soprattutto dopo i due anni di pandemia e la carenza di personale - ci ha detto ancora Bino - per un ristoratore, il semilavorato di qualità è vitale e utile, e noi consumatori dobbiamo capirlo e accettarlo”. Insomma: dobbiamo capire che “tutti i ristoranti usano il surgelato” e che il famigerato asterisco che compare per legge (solo italiana) accanto a questi prodotti non è sinonimo di scarsa qualità, perché “se a Milano voglio mangiare il gambero rosso di Mazara, è ovvio e inevitabile che sia surgelato”.

In sintesi, per Surgital il punto importante è uno solo. Anzi, sono due: superare i pregiudizi e imparare ad accettare il concetto di surgelato per la pasta, “come abbiamo fatto per la frutta, la verdura, le zuppe”; e capire che “se le materie prime sono di qualità, che la pasta sia fresca o surgelata non ha alcuna importanza”.

La strada di Surgital verso la sostenibilità

Fra l’altro, il surgelare permette all’azienda di Ravenna di essere più sostenibile: “Per molti ripieni usiamo solo ingredienti di stagione, e quando quell’ingrediente finisce, quella pasta non è più disponibile nel nostro catalogo sino all’anno dopo, quando è di nuovo la stagione di quello specifico ingrediente”.

Questo è uno dei (tanti) modi in cui Surgital cerca di pesare meno sull’ambiente, nei limiti in cui può farlo un’azienda che produce pasta: “La nostra è un’attività molto energivora, ma seguiamo gli impegni dell’Agenda 2030 dell’Onu (li avevamo riassunti qui, ndr) e nel 2023 vogliamo pubblicare il nostro primo Bilancio di Sostenibilità”. Ma che cosa fanno, di concreto? Oltre a prestare attenzione alla provenienza e alla stagionalità delle materie prime, “tutto lo stabilimento è coperto da pannelli per il fotovoltaico che generano 1000 kWh e che presto diventeranno il doppio e ci aiuteranno a ridurre i costi di gestione della nostra centrale di trigenerazione a metano, che usiamo per creare energia elettrica con cui fare il caldo (per l’acqua usata per la pasta, ndr) e il freddo (per i surgelati, ndr): in questi modi, evitiamo l’immissione in atmosfera di 640 tonnellate di CO2 al mese”.

Non è finita: di recente, l’azienda ha investito quasi 3 milioni di euro per dotare proprio la centrale di trigenerazione di un nuovo motore e di un nuovo software che permettano di generare solo l’energia che serve sul momento, così da ridurre al minimo gli sprechi. Ancora, nell’ottica dell’economia circolare: “Abbiamo un impianto di depurazione delle acque reflue, con la parte liquida che viene riutilizzata per il raffreddamento e la parte solida che diventa CDR - ci ha raccontato Bino - Gli scarti degli impasti, cioè quel che rimane (per esempio, ndr) quando si tagliano i ravioli, vengono riusati per fare altra pasta. E se non si possono riusare, magari perché entrati in contatto con il ripieno, diventano cibo per animali. Inoltre, doniamo al Banco Alimentare di Imola i prodotti invenduti o in scadenza”. Visto quante cose si possono fare, con la pasta fresca surgelata?

Emanuele Capone

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