Attualità

Cibo. L'ultimo libro di Andrea Segrè

pubblicata il 05.01.2016

"Cibo è una parola talmente (ab)usata che, nel tempo, ha perso il suo significato originario, qualsiasi esso fosse. O meglio, ne ha assunti tanti. Almeno quante sono le sue aggettivazioni, tante davvero: procedendo in ordine alfabetico potremmo partire dal cibo “abusato” e arrivare a cibo “zero”, passando per un elenco assai lungo. L’eccesso di declinazioni ha fatto perdere, progressivamente, il significato originario anche dell’atto che permette al cibo di soddisfare un bisogno fondamentale dell’uomo: mangiare. A tal punto da chiedersi: è un bisogno, oppure un desiderio o addirittura un’ossessione? Oppure è, semplicemente, un diritto vitale?"   Comincia così il libro di Andrea Segrè che racconta il rapporto uomo-cibo attraverso un lessico (dislessico) composto da molte delle possibili aggettivazioni, 55 per la precisione. Non è un’invettiva contro i comportamenti dei consumatori quanto un invito alla riflessione su questioni quotidiane e quotidianamente trascurate. Partendo, come anticipa l’autore, dall’abusato, si passa per l’alto (o presunto tale), al cibo bugiardo o buono, copiato, cucinato, marchiato, negato, sprecato o stellato…   Un lemma al giorno potrebbe essere un buon cibo, per riconsiderare il nostro approccio al “food”, come direbbero tanti di noi. Una lettura “semplice” ma che va condotta in modo lento per riconoscerne il valore.  Chi ci parla non lo fa da “guru” ma in modo giusto, e attenzione giusto senza una vocale diventa gusto e, forse, a fine lettura il nostro gusto verso il cibo ne uscirà più fine.   Un libro per chi ha scoperto il cibo in digitale, per chi fa parte di una tribù alimentare, per riconoscerlo come un valore da cui ne derivano molti altri, a partire da quello economico fino a quello sanitario. Insomma, Andrea Segré fa il punto sul mondo alimentare, “strano mondo“ come lo definisce alla voce “medio”, alla ricerca di un cibo che stia tra l’eccellenza e la spazzatura. Ci piace la sua visione lucida e spesso ironica nel descrivere la “dittatura della padella. Che in fondo, resta pur sempre una macchia di unto sulla camicia”.   Foodie, blogger, foodlovers, foodphotographer leggetelo! È una lettura che promuove un’educazione, non solo alimentare.

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