Attualità

Carrabs, l'Irpinia, la carne.

pubblicata il 26.10.2012

Secoli, anni, mesi, giorni, ore. Abbiamo dovuto imparato a misurare il tempo, a farne il metro della nostra storia. Novanta secondi non ci corri neanche 800 metri alle Olimpiadi, cosa vuoi che siano. E invece. A Gesualdo, nella pancia dell'Irpinia, sanno bene quanto possano diventare interminabili. Da una sera. Quella del 23 novembre 1980. Una frazione infinitesima di vita eppure molti di loro hanno ancora oggi incollate alla rètina quelle immagini biancoenero mosse e confuse e, nelle orecchie e più giù fin dentro lo stomaco, quel terribile tuono della terra, dei crolli, del disastro. Sì, da allora il disastro qui, per i gesualdini,  non ha un volto ma il suono di quell'orribile rombo. Sarà per questo che Mario Carrabs, il macellaio che abita lo slargo di fianco al Castello del V secolo orgogliosa cima del paese, parla sempre ad alta voce. Cosa dovesse fare da grande è un ricordo di pantaloncini corti, un destino che ha i contorni di una foto antica, appesa ora alla parete della bottega. Sono gli animali della stalla del nonno, un anfratto di pietra a ridosso del castello. Si usava così, fare il macellaio significava inevitabilmente allevare alcuni capi  per poi sacrificarli al fabbisogno della piccola comunità. Poi è venuto giù il mondo ma Mario aveva sempre respirato quell'odore di paglia e sangue e dopo suo nonno e suo padre è toccato a lui affilare i coltelli. La macelleria è come ti aspetti che sia, con quella tenda di strisce di plastica all'ingresso e la scritta dipinta sul muro. Piccola, semplice, in una parola di paese. La differenza è tutta nell'ardore del titolare e di sua moglia Virginia, impegnati nella loro missione di venderti, prima ancora che una fetta di carne, una idea di quella terra, una cultura, qualche briciola di memoria. Queste sono valli dove le fiere agricole e del bestiame sono nei libri di storia.  Ci credono al punto da non usare la vetrina del bancone per farti scoprire le loro cose. Lentamente, ospitandoti, istruendoti, svelando uno ad uno con mille assaggi quello che vorrai portarti via, ti seducono  con quei gesti misurati a comporre una liturgia: si scarta il pane, si riempiono  calici di aglianico di terra di Taurasi, si respirano formaggi ed intanto la lama del coltello batte sul tagliere. E' un modo di fare la spesa giocato a sembrare altro, tracciato lungo quel labile confine col piacere di una visita a casa di amici. Tra un capocollo e una pancetta, accarezzando un caciocavallo ed un guanciale, ti racconta della venerazione per il suo maestro Alfonso Iaccarino, lo chef icona della cucina mediterranea. "Mi ha insegnato tutto lui" spiega, e ricorda i semi di quelle cene finite a parlare di cultura del territorio, di conoscenza dei prodotti, di amore per la qualità.  Da allora diventare fornitore di ristoranti e chef famosi è stato un continuo stimolo e i suoi clienti più affezionati sono perlopiù altrove, fuori dalle mura del paese. Ogni giovedì consuma l'autostrada e circumnaviga la Tangenziale di Napoli: ad ogni svincolo c'è qualcuno che l'aspetta per riporre nel portabagagli un po' di Irpinia. Oltre le carni che frolla, taglia e prepara con cura non mancheranno i formaggi affinati personalmente nelle grotte scavate dal tempo, qualche conserva, pastifici selezionati, piccole  cantine da scoprire e gli imperdibili salumi stagionati. Per chi abita oltre la Tangenziale le consegne, grazie alla modernità, saranno altrettanto attese e precise. La tracciabilità della filiera, infatti, si conclude degnamente con il suo sito web.  

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