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Le etichette sul vino e gli alcolici in Irlanda: ecco perché se ne parla tanto

pubblicata il 18.01.2023

In questi giorni si è accesa la polemica sull'etichettatura di alcolici in Irlanda simile a quella per le sigarette, ovvero con l'indicazione che il contenuto possa nuocere alla salute. Ecco i motivi della discussione e perché coinvolge anche i produttori di vino italiani. 

L’alcol nuoce gravemente alla salute”. E come per le sigarette lo si scrive a chiare lettere in etichetta. Il mondo del vino italiano (ed europeo) sta vivendo momenti di forte preoccupazione dopo l’approvazione della proposta di legge in Irlanda che prevede l’indicazione sulle bottiglie di vino (ma anche di birra e liquori, ad esempio) della pericolosità per la salute e dei rischi connessi al cancro legati al consumo di alcolici. La reazione di produttori e associazioni del comparto, che in Italia occupa circa 1,3 milioni di persone per un fatturato di oltre 14 miliardi di euro, non si è fatta attendere. 

Sul vino l’etichetta della discordia

Bere una bottiglia di vino in compagnia potrebbe non essere più un piacere conviviale? Se lo chiedono nel Belpaese gli esperti di settore, cantine blasonate o vignaioli di nicchia che siano. Gli avvisi ricordano in maniera parecchio similare quelli che compaiono sui pacchetti di sigarette: “Esiste un legame diretto tra alcol e tumori mortali”; “Bere alcol provoca malattie del fegato”;“Il consumo di alcol in gravidanza causa rischi per il feto”. Questi sono solo alcuni degli avvertimenti passati per via del silenzio assenso della Commissione Europea che, nei sei mesi successivi alla richiesta da parte dell’Irlanda fino a moratoria di fine dicembre 2022, non è intervenuta sulla questione, lasciando che la legge entrasse in vigore, portando alla sostituzione di tutte le etichette dei prodotti alcolici venduti all’interno del Paese, entro il 2026.

L’Italia insiste sulla distinzione tra abuso e consumo

“Esiste una netta differenza tra il semplice bere un bicchiere di vino e l’abuso di alcol. Criminalizzare i prodotti alcolici significa in realtà aggredire un prodotto di qualità, una vera e propria eccellenza, mettendolo sullo stesso piano di altre sostanze che invece sono riconosciute come dannose”, ha spiegato il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida. Su questo punto fa leva la battaglia dei produttori italiani, ma anche di Spagna, Francia, Portogallo, contrari agli avvisi anti-cancro sulla bottiglia. Un invito da parte di questi Paesi al Parlamento Europeo ad esprimersi sugli emendamenti che chiedevano una distinzione tra abuso e consumo di alcol, era già stato espresso nel febbraio scorso. Ma la decisione unilaterale dell’Irlanda pare non abbia riscontrato alcun ostacolo da parte di Bruxelles. Ciò ha generato enorme preoccupazione nel settore, per le ripercussioni sul mercato, e per l’eventuale adeguamento di altri Paesi che potrebbero eguagliare la regola dell'health warning irlandese, alle prese con un elevato consumo di alcolici, soprattutto birra e superalcolici, tra le fasce più giovani.

La Cia, Confederazione italiana agricoltori, invita Bruxelles a non incentivare allarmismi e disinformazione. “Il silenzio assenso della Commissione europea alla norma con cui l’Irlanda introduce avvertenze sanitarie in etichetta per gli alcolici, disincentivando, di fatto, il consumo di vino, rappresenta un pericoloso via libera ad allarmismi e disinformazione, nonché un precedente rischioso per l’Europa, andando contro la definizione dell’etichettatura comune.”

Con il silenzio assenso nei confronti della proposta di legge del governo di Dublino, per la Confagricoltori si arriva a demonizzare il consumo, moderato e responsabile, di vino, che metterebbe a repentaglio la  libera circolazione delle merci in Europa. “Al Governo italiano, da parte di Cia, la richiesta di tornare a sollecitare l’Europa sugli impegni già presi per promuovere uno stile di vita sano e una corretta informazione.”

Rischio reale o comunicazione aggressiva?

Si ritorna sul nodo principale della questione: per le aziende vitivinicole italiane il consumo di alcol non dovrebbe essere equiparato a quello delle sigarette, perché sarebbe necessario il distinguo tra “consumo” responsabile e “abuso”, e non utilizzare questa normativa per risolvere la piaga del consumo eccessivo di alcol in patria. Il parere dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto da ago della bilancia sul silenzio della Commissione Europea. Secondo l’OMS, infatti, non esiste un quantitativo sicuro per l’alcol (così come per il fumo). per cui, come per il fumo, non esiste una “quantità sicura” di alcol. Il rischio di cancro esiste anche assumendo piccole quantità, ma è minore se il consumo è minimo. Da qui la mancata distinzione tra “consumo” e “abuso”. 

A tal proposito si è espresso anche Michele Antonio Fino, Professore Associato di Fondamenti del Diritto Europeo, Food Law ed Ecologia Giuridica. Appassionato di trasformazioni ed etichette, ha consegnato ai suoi oltre 24 mila followers su Instagram la sua personale visione sulla relazione alcol (vino, in particolar modo) e malattie come diabete, cardiopatie ecc.

Se nessuna società scientifica consiglia di cominciare a bere, ancorché moderatamente, ancorché solo a persone a rischio cardiaco o di diabete, dovrebbe bastare la logica per capire la cosa più banale del mondo. Evidentemente, nessun beneficio supera il rischio -recita il post - Ci piace il vino perché fa parte della nostra cultura e delle nostre libere scelte anche di evasione e di ricompensa. Non ne sottovalutiamo i rischi, li accettiamo consapevolmente e consumiamo con moderazione per tenerli quanto più bassi possibile, dal momento che riteniamo preferibile non rinunciare.

Il rischio, in buona sostanza, è quello che non affidandosi al buon senso comune, si penalizzi fortemente un settore come quello vinicolo italiano, con una soluzione collettiva adatta però alle necessità di un singolo Paese. 

Eleonora Lanzetti

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