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Menus Plaisirs di Frederick Wiseman e l’eredità della famiglia Troisgros

pubblicata il 28.09.2023

Quando il cinema di Wiseman incontra la storia di una famiglia di chef come i Troisgros, allora il senso del sublime che emana la haute cuisine francese si mostra in tutta la sua magnificenza

Famoso per i suoi lunghi documentari tematici, Wiseman è infatti il regista dei tempi espansi (anche questo film non è da meno: quattro ore esatte), ma che come per magia, grazie all’esaustività magnetica del suo tipo di osservazione, riesce a fare immergere così tanto lo spettatore nei suoi mondi da far dimenticare le lancette dell’orologio.

Menus Plaisirs - Les Troisgros racconta secondo una narrazione circolare e pienamente appagante tutto ciò che riguarda la celebre famiglia Troisgros e i suoi tre ristoranti, situati in tre località vicine nel centro della Francia: il Troisgros, appunto, che è il più antico e duraturo, a oggi gestito da César Troisgros e dal 2017 trasferitosi a Ouches (novantatré anni di attività e cinquantacinque decorato da tre stelle Michelin); Le Central, situato davanti alla stazione dei treni di Roanne, sede storica del Troisgros, e il più informale La Colline, gestito da Léo Troisgros.

Per capire cosa sia “l’entità Troisgros”, Wiseman parte facendoci conoscere i due fratelli Troisgros, figli del celebre Michel Troisgros (e nipoti di Pierre), mentre fanno la spesa al mercato, ricercano ottime materie prime e studiano nuove possibilità di abbinamenti per il menù.

Il livello di dettaglio che ci permette di conoscere Menus Plaisirs è sconcertante e questo viene proprio dal fatto che dei Troisgros seguiamo lungamente tutte le conversazioni, anche le più dettagliate, su ogni scelta gastronomica: diverse sono le scene di assaggio, da cui si evince in modo immediato la raffinatezza del palato di Michel Troisgros, la sua conoscenza profonda della cucina e la sua passione per il mestiere.

Come se il film stesso seguisse l’ordine naturale dei tempi di un ristorante, Menus Plaisirs parte dalle materie prime, prosegue con lo scarico degli ordini alle soglie della cucina, ci mostra le preparazioni, come funziona la brigata, il loro lavoro tra i fornelli, prosegue con il servizio del pranzo e arriva poi alla cena; il tutto intervallato da momenti in cui Michel si reca da produttori/allevatori locali (un caseificio, un vigneto, un apicoltore, un allevatore di bovini e un agricoltore biologico) e che ci permettono di capire ancora più in profondità la catena di qualità che lega la materia prima all’esperienza stellata.

Wiseman non rivela mai la sua presenza fisica allo spettatore, ma il suo occhio è ben visibile: lo vediamo nel modo in cui si sofferma, affascinato, sulle mani degli chef che sminuzzano, tritano, affettano e compongono come in una magnifica sinfonia una serie di piatti dalla cura impeccabile. Impeccabile, allo stesso modo, è lo studio ad esempio della cucina del Troisgros (la cui disposizione e ratio strutturale ci viene spiegata a fondo), e il rigore del personale di sala, sempre concentrato e pronto ad anticipare e accogliere ogni richiesta dei suoi clienti.

Nella famiglia/azienda Troisgros (a cui partecipa anche la moglie Marie-Pierre nel curare tutto ciò che riguarda l’ospitalità) si è sempre proseguito il mestiere perché, come racconta Michel a dei clienti durante un pranzo, non ha mai dato a suoi figli l’impressione di odiare il suo lavoro, che ha sempre vissuto con spirito appassionato e la curiosità di un novello.

Ancora oggi, infatti, nonostante il Troisgros sia gestito da César, Michel non riesce a non girare in cucina, a vivere il ristorante da cima a fondo. La sua presenza tra quelle mura rasenta quella di un santo, anche per lo stesso César, che nonostante la sua forte idea di cucina, spesso va dal padre (così come la sua brigata) a chiedere consigli.

Insignito nel 2020 di una stella verde Michelin per le sue esemplari pratiche sostenibili, il Troisgros non è solo un ristorante ma un’idea totale di cucina, di tradizione familiare e culinaria che sa e vuole innovarsi (come fece Michel con i suoi omaggi alla cucina giapponese), ma sempre rispettando ciò che lo circonda: l’ambiente, i produttori, i clienti e sì, anche gli stessi figli, pieni di nuove idee, liberi di creare e allo stesso tempo di essere sempre parte integrante di quella grande eredità.

Bianca Ferrari

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