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L'importanza del calice. Italesse ci spiega perchè scegliere il bicchiere giusto è fondamentale

pubblicata il 12.12.2023

Al Merano WineFestival abbiamo incontrato Massimo Barducci, CEO dell’azienda nata a Trieste alla fine degli anni Settanta, che ci ha spiegato quanto conta il calice quando si degusta il vino  

È una cosa a cui non si fa tanto caso sino a quando si capisce che è importante farci caso. È il bicchiere con cui si beve il vino che, per dirla con le parole di Massimo Barducci, CEO di Italesse, “è il primo elemento per la valutazione di vino”, tanto che non solo la qualità del vetro con cui è fatto ma anche la sua forma possono influire sul colore che si percepisce. E soprattutto sul sapore che arriva al palato e sul profumo che arriva al naso, come abbiamo scoperto al Merano WineFestival.

Italesse, che ha sede in provincia di Trieste ed è stata fondata nel 1979, è fra i principali produttori di calici da vino al mondo per qualità (dai sui stabilimenti escono circa 4/5 milioni di calici l’anno tra cui decine di migliaia in vetro soffiato, i più prestigiosi), ha un fatturato annuo di circa 14 milioni di euro e vende quasi metà della sua produzione all’estero, soprattutto in Francia: “È una bella soddisfazione - ci ha spiegato Barducci come anche gli americani, i francesi se capiscono che hai talento lo apprezzano e ti lasciano spazio”. 

Vent’anni di cultura del calice

Spazio che Italesse ha iniziato a crearsi appunto alla fine degli anni Settanta: “In quel periodo, il concetto di servizio nei ristoranti era alla preistoria, si comprava e si usava quello che si comprava per casa o addirittura che si aveva in casa. Servivano le bollicine nei bicchieri da 10 cl e nemmeno ci stava tutta la schiuma - ha ricordato Barducci - Mio padre percepì questa mancanza, veniva dal mondo del vino, ne era appassionato e lo amava, e cercò di colmare quel vuoto”.

L’azienda si rivolge da subito al mercato dei professionisti in modo deciso e molto coraggioso: “All’epoca, siamo nei primi anni Ottanta, un bicchiere da vino costava 5-600 lire, noi entrammo nel mercato con il nostro primo bicchiere a 1500-1600 lire, praticamente il triplo”. Che è un modo per dire, senza dichiararlo esplicitamente: questo prodotto è di qualità e la qualità ha un prezzo.

Sembra folle, invece funziona: “Abbiamo iniziato facendo leva sui produttori di vino, sia per farci aiutare a vendere i nostri bicchieri, spiegando che erano quelli adatti ai loro vini, sia per venderglieli direttamente, così che poi loro li regalassero ai clienti (ristoranti ed enoteche, ndr) in base al quantitativo di bottiglie ordinate”. Anche per questo, il mercato inizia a crescere, un po’ perché le vendite di vino aumentano e un po’ perché anche aumenta la consapevolezza dei consumatori, che iniziano a capire quanto e come i bicchieri possano influire sulla percezione di un vino e li vogliono a casa.

Funziona talmente tanto che una ventina d’anni dopo, cioè dagli inizi dei Duemila, Italesse decide di “spostare gradualmente parte dell’offerta verso il mondo della ristorazione e infine verso il consumatore finale, di nuovo anche grazie ai produttori di vino, che ci hanno in effetti aiutati a educare e fare evolvere il consumatore, diventato più colto e pure più esigente anche grazie a quello che vede nei ristoranti, nelle trasmissioni televisive o durante eventi come il Merano WineFestival”, ci ha detto ancora Barducci. 

Bicchieri fatti per aromi e caratteristiche

Oggi Italesse destina più o meno il 10% della produzione al mercato consumer (a noi, alle famiglie, ai clienti finali) ma la percentuale è destinata a crescere: “Nei prossimi anni vogliamo spostarci maggiormente in questa direzione, perché è il modo migliore e più diretto per allargare ulteriormente la conoscenza del marchio”, ci ha anticipato Barducci.

In questo modo, l’azienda cerca di mettere a frutto l’esperienza maturata con il progetto Senses, che qualche anno fa l’ha portata a produrre linee di bicchieri di forma e dimensioni diverse e pensate per esaltare gli aromi e le proprietà organolettiche del vino: “Negli anni si è un po’ confuso il feeling sensoriale del vetro, il fatto che il bicchiere di qualità debba essere per forza leggero e sottile, con la sua funzionalità e con quello che è il suo scopo finale - ci ha spiegato Barducci - Abbiamo deciso di andare oltre  i cosiddetti calici varietali (fatti per intere famiglie di vini, ndr), perché è impossibile avere un bicchiere che vada bene per tutti i barbera, per tutti gli chardonnay o per tutte le varianti di nebbiolo, e invece li facciamo per caratteristiche”.

Come detto, significa che sono progettati per esaltare l’unicità di ogni singolo vino, a seconda che siano morbidi, fruttati, liquorosi e così via: “Questo ci ha fra l’altro permesso di riuscire ad avere calici di altissima qualità dedicati a vini unici e inconfondibili, come quelli per il Brunello di Montalcino o per il Vermentino di Sardegna, che sono già in vendita, o per Barolo e Amarone, che arriveranno nei prossimi mesi”. 

Un oggetto delicato fatto con delicatezza

Questi calici sono quelli che Italesse definisce “di alta gamma” o High Performance e stanno appunto al vertice della sua produzione, che è distribuita su 3 linee: più sotto c’è la famiglia Professional e più sotto ancora ci sono quelli per l’uso di tutti i giorni.

Le differenze di prezzo possono essere anche significative: una confezione da 6 bicchieri entry level costa intorno ai 50 euro, per quelli Professional si sale sui 65-70 e quelli High Performance sugli 80-90 euro in versione meccanica e sui 20-40 euro, per singolo bicchiere però, per i soffiati.

Barducci ci ha chiarito che “la produzione viene fatta in modi diversi e in stabilimenti diversi a seconda del tipo di bicchiere che si vuole ottenere”. Un dato che ovviamente influisce sui costi anche perché “nel mondo della vetreria c’è poco spazio di manovra” quando si parla di sostenibilità e di essere gentili con l’ambiente. È una difficoltà oggettiva perché “se vuoi produrre calici fini o finissimi, il materiale da usare è unicamente il vetro di altissima qualità, non puoi usare scarti, vetro di recupero o riciclato. Ad ogni modo sin dalla sua fondazione Italesse ha scelto il miglior vetro togliendo però il piombo perché nocivo per l'uomo e per l’ambiente."

Ciò non significa che Italesse non stia attenta a questi aspetti:  “Compensiamo con altro e ci diamo da fare su altri fronti - ci hanno spiegato - Non usiamo vetro riciclato, ma il nostro vetro sì che si può riciclare e può avere una seconda vita; siamo stati fra i primi a produrre vasche e secchielli per le bottiglie con materiali di recupero, come tralci di vite o avanzi del sughero usato per i tappi; abbiamo iniziato a ridurre sensibilmente la percentuale di plastica presente nelle confezioni dei nostri prodotti”. E anche “nel nuovo stabilimento in costruzione vicino a Trieste, di fronte a quello dove siamo ora, verranno installati 2mila metri quadrati di pannelli solari”. Che ci sembra un bel modo per fare sì che la produzione dei bicchieri, che sono insieme importantissimi e delicatissimi, sia ancora più delicata con la natura. 

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