Attualità

Il cardo, dalla lana alla tavola

pubblicata il 16.01.2013

Nascere al centro di un distretto tessile ha i suoi vantaggi, primo fra tutti conoscere il processo di lavorazione che porta alla realizzazione degli abiti che siamo abituati ad indossare tutti i giorni. Forse non tutti lo sanno, ma uno dei passaggi fondamentali per la lavorazione della lana è la cardatura: una specie di pettinata data alla lana ancora grezza per liberarla dalle impurità, districare il groviglio di filamenti e rendere parallele le fibre, in modo da poterla poi lavorare in seguito. L'etimologia di questa parola ci spiega che deriva proprio da cardo, in quanto un tempo per questa operazione venivano utilizzate le infiorescenze secche del cardo, molto ricche di aculei. Il cardo, Cynara cardunculus, è facilmente rinvenibile allo stato selvatico, in prati e pascoli di praticamente tutta Italia. Fa parte della famiglia delle Asteraceae, assieme al carciofo, il radicchio e la camomilla, solo per fare alcuni nomi. Quello coltivato è molto simile al cugino carciofo, da cui si distingue per lo sviluppo in altezza della pianta, e per la parte edule, che nel nostro caso è rappresentata dal picciolo e dalle nervature carnose. La pianta coltivata, prima della commercializzazione, necessita di un periodo di imbianchimento, tecnica che si utilizza anche per altre colture. In pratica si sottrae la pianta dalla luce solare ricoprendola di terra, oppure proteggendola con paglia o con dei teli. Lo scopo è quello di ottenere un prodotto bianco più croccante e più dolce. Nel caso del cardo serve anche a rendere l'ortaggio meno fibroso: senza imbianchimento sarebbe praticamente immangiabile. Non è un ortaggio semplice il cardo, almeno non è adatto a chi ricerca la velocità nella preparazione dei piatti. Va infatti pulito e privato di tutti i filamenti di cui è dotato, con calma e pazienza. Ma la fatica viene ricompensata da un gusto che è decisamente unico nel suo genere, tanto da renderlo in alcune zone ortaggio pregiato e ricercato. Un nome su tutti: il cardo gobbo di Nizza Monferrato, presidio Slow Food, prodotto agroalimentare tipico piemontese e ingrediente fondamentale in ogni bagna cauda che si rispetti. Ma il cardo si presta anche ad altre numerose preparazioni, come i cardi in tegame della nostra Marianna Pillan, a cui vi rimando anche per scoprirne le caratteristiche nutrizionali e alimentari. Ma non è finita qui, perché il cardo ha anche grandi potenzialità di impiego nel campo delle energie alternative. I semi danno un olio che può essere utilizzato per la produzione di biodisel, mentre tutto il resto - foglie e radici - hanno una buona resa energetica. Provatelo, mal che vada lo potete usare per il caminetto. Immagine da Flickr  

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