Bufale malate di brucellosi: che succede e quali rischi corriamo noi consumatori
Una grave zoonosi sta colpendo gli animali nella zona di produzione della mozzarella più famosa del mondo: può contagiare l’uomo e sta mettendo in ginocchio le aziende. Un po’ di risposte per capire.
Centoquarantamila bufale abbattute nell’ultimo decennio, di cui oltre 40mila dal 2019 a oggi, epidemie di brucellosi e di tubercolosi che seguono quelle che si sono verificate nel 2008 e nel 2013, allevamenti che rischiano di finire sul lastrico, accuse di concorrenza sleale: che succede nel Casertano, cuore della produzione della celebre mozzarella? Cos’è la brucellosi e come si sviluppa? È pericolosa per le persone? E soprattutto: noi consumatori dobbiamo essere preoccupati, se mangiamo prodotti che arrivano da quelle zone?
Tantissime domande, ancora di più da quando la trasmissione Report si è occupata della questione, riportando d’attualità un problema che esiste da almeno un paio di mesi, perché è ormai da marzo che la Regione Campania ha varato il piano di eradicazione di brucellosi e TBC. Per rispondere, iniziamo dall’ultima.
Quali sono i rischi di contagio e di consumo
Questo è un punto importante, soprattutto per evitare inutili allarmismi: da quel che si capisce, la carne di questi animali può essere consumata. E infatti viene consumata: gli allevatori, che a fine aprile sono tornati a protestare davanti alla ASL di Caserta, hanno spiegato che dai documenti in loro possesso risulta che “il 98-99% delle bufale abbattute erano sane” (post-mortem non è stata rilevata la presenza del batterio della brucellosi) e anche che “il 99% delle loro carni viene destinato al libero consumo” (le autorità sanitarie ne permettono la vendita come di una qualsiasi altra carne).
E la mozzarella di bufala? L’epidemia riguarda il Casertano, e in particolare le aree di Grazzanise, Santa Maria la Fossa, Cancello ed Arnone e Castel Volturno, dove si concentra la più grande percentuale di allevamenti da cui esce il cosiddetto “oro bianco”, ma a mangiarlo non si corrono rischi: il processo di produzione raggiunge temperature talmente elevate da eliminare tutto. Identico discorso vale per la mozzarella Dop che si produce nel Salernitano, zona praticamente non toccata dal problema.
La brucellosi è pericolosa per le persone?
Qui la risposta è necessariamente più articolata: la brucellosi è una zoonosi (sì, come il coronavirus), cioè una malattia infettiva che si sviluppa negli animali e si può poi trasmettere all’uomo. Si chiama così dal nome del batterio che la provoca, che a sua volta ha preso il nome da David Bruce, un medico scozzese che per primo lo isolò alla fine dell’Ottocento: come tutte le altre zoonosi, gli animali d’allevamento la prendono dagli animali selvatici, poi il contagio si trasmette per vie aeree o per contatto, da animale a uomo e anche da uomo a uomo.
Come detto, al termine dell’ultima epidemia registrata in Italia (nel 2013), era stata debellata grazie a un’intensa campagna vaccinale, che però è stata sospesa nel 2014. Cosa che ha portato a un incremento dei casi.
Secondo quanto spiegato online dal ministero della Salute, nella sezione dedicata alle Malattie Animali, è “una delle infezioni zoonotiche più diffuse a livello mondiale” e anche è “considerata una malattia professionale in particolare nelle aree in cui è endemica”, perché colpisce principalmente allevatori, veterinari, dipendenti di mattatoi e macellai. Cioè quelli che entrano in contatto con i capi infetti.
Nel nostro Paese, la brucellosi è quella che si definisce “una malattia a denuncia obbligatoria” (lo è già dagli anni Trenta del secolo scorso): può causare febbre, infezioni e, in casi rarissimi, anche la morte. Considerato che ci si può infettare anche tramite il consumo di latticini freschi prodotti a partire da latte crudo, il consiglio per azzerare il rischio (se non si lavora a contatto con gli animali, ovviamente) è quello di “evitare di consumare alimenti derivati da latte crudo provenienti dalle regioni in cui la malattia è endemica”.
Che cosa sta succedendo nel Casertano
Come si capisce, il cuore di tutto il problema è la provincia di Caserta, dove sono migliaia le bufale abbattute e centinaia le aziende in difficoltà, semplicemente per la mancanza della materia prima. Per la mancanza degli animali, cioè: la legge prevede che se la ASL riscontra che almeno il 20% dei capi di un allevamento sono contagiati, debba essere abbattuto anche il restante 80%.
Per ognuno, l’allevatore viene indennizzato con circa 1500-2000 euro (messi dallo Stato e dalla Regione Campania), da cui però vanno sottratti i soldi ricavati dalla vendita della carne. Perché, come detto, l’animale viene macellato e nella stragrande maggioranza dei casi destinato al consumo. Se a questo si aggiunge che i tempi per ricevere il risarcimento sono lunghi o anche molto lunghi, e che una bufala costa mediamente 3500 euro, si capisce quanto sia difficile ripartire per un allevatore che si vede abbattere 3-400 capi in una volta.
La burocrazia non aiuta: la normativa prevede che la ASL debba dare l’esito degli esami per la presenza di brucellosi entro 7 giorni, ma dalle testimonianze raccolte dai colleghi di Report, raramente questi tempi vengono rispettati. Perché è un problema? Perché se l’allevatore riesce a sapere in tempo che qualche bufala è contagiata, può metterla in quarantena e in isolamento; se invece non lo sa (o lo sa con ritardo), il contagio si diffonde nell’allevamento. E più si diffonde, più è probabile che si arrivi all’abbattimento di tutti i capi.
L’ultimo dubbio riguarda l’ipotesi che ci sia qualcuno che guadagna da quello che sta accadendo: - secondo l’avvocato Carlo Taormina (celebre per avere difeso, fra gli altri, Giulio Andreotti, Annamaria Franzoni e pure Silvio Berlusconi), che cura gli interessi di parte degli allevatori, ci sarebbe “la mano della camorra”; - secondo molti allevatori, invece, ci sarebbe “una regia dietro la politica degli abbattimenti, tesa a favorire il Gruppo Cremonini”.
Cremonini è una storica multinazionale di Modena, una fra le più grandi del settore alimentare (controlla marchi come Montana, Manzotin, Chef Express e Roadhouse), che macella praticamente tutti i capi abbattuti a causa della brucellosi e poi ne riutilizza e rivende la carne.
Contro l’azienda, fondata nel 1963 da Luigi Cremonini, le accuse mosse durante la parte finale della puntata di Report sono tante e gravi: l’abbiamo contattata per conoscere la loro versione dei fatti, e aggiorneremo questa pagina quando avremo risposta.
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