Uno sconosciuto alla porta, verrebbe da dire, se non fosse per l’inevitabile sensazione di inquietudine che andremmo a trasmettere ai consumatori. Il ciliegiolo comunque una aura di mistero la trasmette. Non si sa di chi sia figlio – secondo alcuni si tratta di una mutazione di sangiovese, secondo altri di alicante – né da dove provenga – anche qui: chi dice Toscana, chi sostiene terra iberica. Ciliegina (scusate la reiterazione involontaria) sulla torta: come sia arrivato a Matelica, Marche che più Marche di così non si può, terra di straordinari bianchi, ma nota nel primo dopoguerra maggiormente per i rossi, non si sa.
Bando alla cultura e mettiamoci a bere questo vino dell'azienda
Gagliardi: rubino vivo senza bordo, ricco ma non complesso, profumo fruttato (il nome non mente) e piacevolmente minerale “scuro” (strano per la varietà a dire il vero), attacco carnoso, di nuovo frutto, centro bocca appena piccante senza essere erbaceo, di nuovo questa nota minerale scura e un tannino che riga il giusto nel finale per dare un minimo di complessità gustativa. Come in tutti i vini di Matelica non ci sono tratti mediterranei. Il risultato è una sorta di
Chinon “‘co ‘ddù cosi così”, avrebbe detto il grande Mario Brega, con meno fragranza ma più materia. Bevetelo fresco (sui 15°) nelle imminenti scampagnate e non lasciatelo invecchiare. Meno di 10 €.
