Non fatevi trarre in inganno dalla bottiglia e dall’aspetto molto naïf dell’etichetta e del packaging che farebbe pensare ad un prodotto senza particolari pretese. Questo rosato, anche senza essere fenomenale, e senza raggiungere il livello di altri rosati provenienti dallo stesso celebre borgo toscano di cui ho già scritto, è un buon vino e merita attenzione.
Prima di tutto perché viene da Montalcino, perché è senza ombra di dubbio (dubbi che qualche volta con alcuni vini qui vengono…), Sangiovese 100%, perché l’azienda è piccola, coscienziosa, proprietà della famiglia da cinque generazioni, dal lontano 1700, che l'hanno gestita attraverso la mezzadria, perché le uve provengono da un vigneto di circa 14 anni con esposizione a sud est a circa 590 metri di altezza, il che assicura freschezza e fragranza aromatica.
Perché si tratta di un'azienda a conduzione biologia certificata dal 2003, perché i Bindi, il giovane Giacomo ed il padre Marco, medico oncologo e “provocatore di pensiero, libero goliardico irriverente”, come si definisce
sul suo interessante sito Internet, sono fermamente convinti dell'agricoltura biologica e hanno anche investito in pannelli fotovoltaici, avendo in totale circa 16 Kw/h , e pannelli solari termici per la produzione di acqua calda. E insieme all'amico agronomo Ruggero Mazzilli (
www.viticolturasostenibile.it) hanno formulato piani di trattamenti biologici con basse dosi di rame e zolfo e ripristinato le concimazioni naturali secondo le antiche tradizioni contadine utilizzando lo spazio interfilare con colture di grano, orzo e fave al fine di fornire sostanze organiche ed impedire il dilavamento dei terreni. Abolendo il diserbo, i pesticidi e l'uso di insetticidi ed antimuffa. Insomma, l’impressione che ho avuto, avvalorata anche dal fatto che il Podere
Il Cocco ed il relativo
agriturismo “iniziò ad offrire ospitalità a turisti nel 1972, quando ancora la parola agriturismo era sconosciuta”, è che si tratti di persone serie che considerano la campagna con una serietà che potrebbe interessare la mia amica Silvana Biasutti, che alla campagna e alla sua civiltà ha dedicato addirittura
un raffinato blog.
E poi mi piace la storia di questo podere, Il Cocco, che “deve il suo nome al condottiero "Ser Cocco Salimbeni" che nel 1400 abitava nella Rocca di Castiglione d'Orcia e con le sue milizie controllava la Via Francigena. Il Cocco era l'avamposto militare sul versante Sud della Valle dell'Orcia (ora parco naturalistico). L'abbandono della Civitella etrusca (IV -VI sec ad) spostò il punto di osservazione del territorio di due Km. a sud sopra l'Abbazia di S. Antimo”. Insomma, tutte le credenziali a posto, e la piacevolezza di sapere che il giovane Giacomo Bindi, come mi racconta manda avanti “un'azienda a gestione fondamentalmente mia.... lavoro, in vigna, cantina , agriturismo...insomma faccio un po’ di tutto”. Ma il vino? Non ho ancora assaggiato il Brunello ed il Rosso di Montalcino che giudiziosamente si affinano in botti grandi e non barrique, ma questo Rosato, un 2012, prodotto dalla vendemmia del 5 ottobre scorso, ottenuto da un salasso di uve destinate a Brunello, dopo circa 5 ore dalla diraspatura, vinificazione a temperatura controllata in tini di acciaio, bassa quantità di solfiti: prima dell'imbottigliamento era di circa 42 mg/l la libera e circa 90 di totale, mi ha convinto.
Colore cerasuolo melograno brillante di notevole luminosità si propone con un naso vivo, denso, compatto, che abbina spessore e freschezza, una carnosità da ciliegia matura al punto giusto, ad una spiccata vena minerale, a note che richiamano la mandorla, il rosmarino, gli agrumi. Bocca piuttosto materica, direi quasi da rosso, con una spiccata presenza tannica che si fa sentire ed esorcizza qualsivoglia compiacimento rassicurante dolce e morbidoso, e una certa asciuttezza e una leggera vena mandorlosa che richiamano clamorosamente il cibo e gli abbinamenti anche i più coraggiosi/incoscienti, con una persistenza lunga, piena di sapore. Un rosato da estimatori che non invaderà di certo il mercato, prodotto com’è in poco più di mille esemplari… Ma molto meglio un rosato come questo, scontroso per certi versi, con una vena rustica e vernacolare, che tanti rosatelli insipidi, falsi e furbetti che, complice la moda, stanno invadendo, con una certa spudoratezza, il mercato…
Immagine relativa ad una bottiglia dell'annata precedente.