Il Marzemino - incredibile dictu - non è una pianta autoctona del reggiano, ma tutti i vignaiuoli per autoconsumo ne avevano un po' nei loro filari biodiversi da sei metri per tirella. Per tradizione: non per consapevolezza, perchè allora nessuno cercava i profumi, il terroir o altre robe panzapienistiche: si cercavano calorie. E il colore arrivava sempre dall'uva Lancellotta. L'ansalòta, la chiamavamo. E le piante dal succo rosato erano dette Besmein Capolegh. Capolegh significa "rigoglioso".
Il colore rosato, cercato ed ottenuto, è un bellissimo ramato/aranciato scarico, sfumato, solare come un tramonto sui calanchi di Canossa.
Profumi a josa. Aprendo, tanto pane dal forno. Poi deciso il taglio alcolico, trasversale. Sopra si innestano cose di pasticceria, di crostate, di roseto, in bella espressione di freschezza e lucidità. In fondissimo un alito di chiuso, retaggio della fermentazione in bottiglia: ma appena.
L'assaggio spumeggia, frizza e rùtila di brillanze. E' un non-lambrusco della più bell'acqua, perchp pur rifulgendo delle caratteristiche di questo umanissimo vitigno assurge ad una differente levità, quasi spumantesca, per durezza del piano, per altezza del riverbero, e per finezza del gesto.
A me questo bicchiere piace moltissimo, non solo per una fetta di salame. Ma lo immagino a compagine di un brodetto o di una boillabaisse, a sgominare paragoni nobili.
Ah, e costa una cotica.
PS.: il "2010" che si vede nella foto è un... ehm... refuso fotografico, non una cappella redazionale.
