Pronunciare il nome
Moroder farà venire a quelli con i capelli bianchi come me qualche brivido evocando, storia di qualche decennio fa, i tempi quando grazie al genio del gardenese
Giorgio Moroder Premio Oscar nel 1979 come migliore colonna sonora da film e musicista geniale, vivevamo la stagione dei nostri amori giovanili al ritmo di brani come Last dance, I feel love, Love to love you baby, cantati dall’indimenticabile e bellissima Donna Summer.
Di altri Moroder voglio invece parlarvi oggi, di un marchigiano, dirò di più, di un anconetano attivo in quella zona meravigliosa che è l’area del
Monte Conero, patria di un vino da rivalutare come il
Rosso Conero, che il nostro Moroder onora come altri pochi. Gardenese per gli antichi ceppi anche Alessandro Moroder, la cui famiglia si stabilì ad Ancona dalla natia Valgardena nel lontano 1740, occupandosi, guarda caso, di legno, avviando un commercio di statue lignee da loro prodotte, tanto fortunato da consentire di acquistare, 50 anni dopo, un’azienda agricola. La cui attività procedette sin al 1984, quando Alessandro Moroder e sua moglie Serenella decisero di dedicarvisi. Perché ho deciso di parlarvi di questo rosato continuando la mia serie di segnalazioni di ottimi rosati marchigiani che hanno sorpreso e gratificato la mia estate in rosa?
Per un banalissimo motivo, perché è molto buono, perché si fa bere che è un piacere, perché ha deliziato la mia Lei, che l’ha trovato perfetto per i suoi gusti, e per la sua storicità, perché il
Rosa di Montacuto i Moroder lo producono nientemeno che dal 1987. Mica da ieri, come fanno diversi rosatisti dell’ultima ora. E dalla poca credibilità. Un rosato da uve Montepulciano, Sangiovese, Alicante nero, provenienti da un vigneto, allevato a Guyot, posto su argille marne calcaree intercalate a sabbie (il che contribuisce alla sua eleganza) su per colline situate ai piedi del Monte Conero ad un chilometro in linea d’aria dal mare al centro della zona DOC nel Parco Naturale del Conero. Con esposizione Sud Sud-Est a 250 metri di altezza.
Un vino che in etichetta viene definito “vino biologico”, anche se i Moroder non enfatizzano più di tanto questa caratteristica. Poi la tecnica di vinificazione è quella classica: macerazione per alcune ore, fermentazione lenta in acciaio a 20/22 °C, affinamento ovviamente ancora in acciaio. Il tutto per circa 7000 bottiglie, che vanno puntualmente a ruba data l’estrema piacevolezza, la facilità e duttilità di abbinamento, i Moroder, che ne capiscono anche di cibo e cucina, lo definiscono “ottimo su antipasti di salumi, primi piatti al pomodoro e salse marinare rosse. Perfetto sulle zuppe di pesce”. Io e Lei, che sui rosati è ancora più esigente di me, e ne capisce, eccome, lo berremmo praticamente su tutto e in ogni momento. Anche ora che il caldo estivo ed i piatti dell’estate sono un piacevole ricordo.
Meraviglioso il colore, un qualcosa di luminoso e splendente tra il rosa pallido, l’oleandro in fiore, le fragole di bosco non ancora completamente mature e, dice Lei, la cipria. Uno spettacolo nel bicchiere, un qualcosa che già mette allegria e predispone positivamente all’assaggio. E poi che bel naso, aperto, pulito, fragrante, intensamente profumato di fiori bianchi, di rose selvatiche, di agrumi, scattante, sapido (il mare si fa sentire eccome), pulito, vinoso il gioco, con la succosità fruttata delle ciliegie prima che di qualsiasi altro frutto rosso. Ma quando si comincia ad assaggiarlo, ma che dico, a berlo, si continuerebbe ad oltranza (Moroder, provi a pensare ad imbottigliare qualche magnum per noi impenitenti…), tanto il vino mostra la misura perfetta dell’eleganza, dell’armonia, del bilanciamento di tutti gli elementi, frutto presente ma non dominante, buona struttura, acidità impeccabile e calibrata, e soprattutto freschezza, sale, ricchezza di sapore, immediatezza, secco al punto giusto eppure morbido sul palato, insomma, la classica bottiglia che si vuota senza che tu te ne accorga.
Ma non dovrebbe essere questa la logica, ed il destino, di ogni bottiglia di vino, bianco, rosato, rosso o a pois, con bollicine o fermo, degna di questo nome?
