Alzi la mano chi tra le varietà a bacca bianca pugliesi, tradizionali come il Bombino o di recente riscoperta come il Minutolo può inserire, tra le più conosciute, il Bianco d’Alessano. Direi che anche in loco viene considerata come una cultivar minore la cui presenza in Puglia, anzi in provincia di Taranto, viene fatta risalire alla fine dell’Ottocento (1870 precisamente, nell’area delle Murge Martinesi), e dove quest’uva chiamata in maniera originale anche Bianco di Lessame, Verdurino o Acchiappapalmento, venne quasi subito associata ad un’altra molto più nota, la Verdeca.
Rispetto a questa pagava una minore fertilità e resistenza alle gelate e soprattutto la capacità di conferire ai vini un colore giallo paglierino tenue giudicato meno interessante dalla spiccata nota verdolina data dalla Verdeca. Per questo motivo non veniva vinificato, se non raramente in purezza, ma veniva usato in taglio con altri vitigni olcali come la Verdeca, oppure destinato alla produzione di Vermouth.
Attualmente l’utilizzo di quote (sempre minori) del Bianco d’Alessano è previsto in denominazioni pugliesi come Locorotondo, Martina o Martina Franca, Lizzano, Ostuni, mentre nella più nota e interessante Gravina il suo ruolo viene ad essere praticamente ridotto al limite. Ed è contemplato anche nelle Igt/Igp Daunia, Murgia, Puglia, Salento, Tarantino e Valle d’Itria. Perché mi occupo oggi del Bianco d’Alessano? Perché ho trovato una versione non in uvaggio, ma in purezza, prodotta da vigneti posti nel cuore della Valle d’Itria (zona dei trulli, terreno calcareo argilloso) che mi ha colpito per la sua personalità, per l’essere ben lontana dal carattere neutro e un po’ anonimo che viene generalmente attribuito ai vini che se ne ottengono.
Ed in effetti il Bianco d’Alessano Cupa Valle d’Itria Igp 2012 dell’azienda I Pastini, che ha iniziato la propria attività alla fine del secolo scorso, facendosi notare per il decisivo recupero e la piena valorizzazione di un’uva semi aromatica, inizialmente denominata come Fiano Minutolo e oggi catalogata come Minutolo tout court, un’uva che oggi sta conoscendo una piccola moda, per merito dell’enologo Lino Carparelli che oggi conduce l’azienda con la famiglia, è un vino esemplare per varietà di sfumature.
Due parole, prima di presentarlo, sul singolare nome dell’azienda, che riprende il termine latino “pastinum”, che designava la zappa e quindi il terreno destinato alla vite. E ancora oggi “mettere "il pàstino", in questa valle dal dolce profilo, è un’arte antica e difficile: piantare nella pietra "i vitigni" ad alberello della Verdeca, del Bianco d’Alessano e del Minutolo ed aspettare che fratello sole li maturi lentamente, è frutto di antica esperienza”.
Ai Pastini hanno lavorato sul Bianco d’Alessano, utilizzandolo in purezza, non considerandolo come un vitigno minore, da taglio o da complemento ma come un’uva avente in sé caratteristiche tali da venire poste in rilievo e fatte risultare come peculiari e positive. Questo allevando il vigneto a controspalliera cordone speronato, con 5500 ceppi per ettaro, contenendo la resa a 100 quintali e scegliendo vigneti posti a 350 metri di altezza, con affinamento esclusivamente in acciaio. E puntando su un bianco ben fresco e secco.
Il risultato è un vino dal colore paglierino abbastanza scarico, ma molto luminoso e ricco di riflessi, dotato di una nitida fragranza aromatica, con fiori bianchi secchi, fieno, accenno di anice e una leggera speziatura, un bel sale e una vena minerale e soprattutto una bocca viva scattante nervosa, con un bell'allungo, una mandorla precisa una bella acidità che spinge, con nerbo, persistenza lunga, equilibrio e buon piacevolezza con un bel frutto vivo bianco, un gusto secco e incisivo che facilita la beva.
