Pochi dubbi che il Fiano di Avellino sia il più grande bianco del sud Italia e uno dei massimi vini nazionali. Il merito di averlo fatto conoscere spetta in larga misura a
Mastroberardino, azienda faro della enologia irpina, guidata per decenni da Antonio, autentico portabandiera regionale, scomparso purtroppo
recentemente.
Un sud, quello dell’Irpinia vinicola, che sa di nord, con altimetrie sostenute, inverni rigidi e grandi escursioni termiche nel periodo di maturazione dell’uva.
Tutto questo si traduce in vini dai pochi sorrisi, ma dal grande temperamento.
E se sono addirittura 3 i vitigni che in zona danno grandi risultati (gli altri due sono greco e aglianico), vuol dire che di
terroir di prima grandezza stiamo parlando.
Realtà quantitativamente importante di Manocalzati, D’Antiche Terre spicca per serietà e costanza produttiva da parecchi anni.
Il Fiano d’Avellino 2012, dopo una apertura olfattiva un po’ ruvida e sulfurea, dispiega tutto il proprio dna: timo limonato, noci, un tocco di malva, e palato saldo, privo di rotondità, di notevole spazialità (tipico dei bianchi che sembrano rossi), con note di pera e finale asciutto e profondo. La assenza di toni affumicati (quando matura, il grande Fiano prende spesso di torba e castagne arrosto) e l’evidente miglioramento una volta stappato lasciano ipotizzare ampi margini di tenuta e probabile miglioramento.
Magnifico con crostacei dalla forte tendenza dolce come gli scampi. Ma toglietelo dal frigo una mezz’ora prima di berlo e scordatevi il secchiello del ghiaccio. 12 €.
