Che cos’è il digiuno intermittente, come funziona, quali rischi si corrono

Da qualche anno il “non mangiare” attira sempre più persone: possono farlo tutti? È sicuro? Come si fa a farlo per bene? Soprattutto: può essere pericoloso? Il parere di un’esperta.

C’è il tizio che vive in un bosco nelle Marche e dice di non mangiare praticamente mai, ci sono quelli che fanno lo sciopero della fame per le cause più diverse, forse ci sono pure i “respiriani”, che non si sa bene se esistano davvero e come facciano a sopravvivere. C’è un fatto, soprattutto: il digiuno è diventato cool, figo, “giusto”. E quindi tanti vogliono provarlo. Ma come si fa? Come si fa a mangiare senza mangiare? Come si fa a farlo per bene, senza correre rischi inutili?

Intanto, un po’ di contesto: la “moda” del digiuno che fa bene, del fatto che smettere di mangiare per un periodo più o meno lungo sia positivo, è piuttosto recente e arriva dagli Stati Uniti. Ovviamente. Ancora più ovviamente, arriva dalla California, che è la culla dove nascono, crescono e si sviluppano molte delle tendenze che poi si allargano al resto del mondo, soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione e il rapporto con il cibo. Da un posto specifico della California, in questo caso: fra 2018 e 2019, molte delle celebrità della Silicon Valley, intesi come gli amministratori delegati e i più importanti executive dei colossi della tecnologia (su tutti Jack Dorsey, creatore di Twitter), hanno incominciato a elencare le doti del digiuno, raccontando quanto (non) mangiano, di come si sentano meglio, addirittura di come siano riusciti a “riprogrammare” il loro corpo. Come fosse uno di quei computer con cui hanno a che fare quotidianamente. Come fosse una macchina

Il parere dell’esperta: come farlo e perché fa bene

Solo che il corpo umano non è una macchina, e quello che gli facciamo lo dobbiamo fare per bene, conoscendo le conseguenze: “Il digiuno dev'essere intermittente, va fatto a intervalli”, ci ha spiegato la biologa nutrizionista genovese Erika Pastore, che collabora anche con il Centro oncologico Ligure. Il punto, per quanto sembri ovvio dirlo, è che “non si può smettere di mangiare per un periodo troppo lungo” e soprattutto “non si può vivere senza mangiare”, con buona pace dei “respiriani” e del tizio che vive nel bosco delle Marche e probabilmente si nutre di nascosto per non indebolire la sua leggenda. E quindi come si fa?

Innanzi tutto, è necessario sapere che esistono 2 macrocategorie di digiuno, fra quelle più comuni: orizzontale, oppure verticale. La prima consiste nel saltare un pasto, sempre lo stesso (il pranzo, per esempio), tutti i giorni di tutte le settimane; nella seconda, forse più semplice e praticabile, si salta un pasto di un determinato giorno alla settimana (la cena del mercoledì, per esempio). Del digiuno verticale, la modalità più diffusa è la 16/8, che significa che nell'arco di una giornata si digiuna per 16 ore e si mangia per le altre 8. Nell'esempio più classico, si mangia a colazione e a pranzo e poi non ci si nutre più dalle 17, si salta la cena e si torna a mangiare alla colazione del giorno successivo: “Questo permette di affrontare il digiuno prevalentemente nelle ore notturne - è il chiarimento della Pastore - quando il dispendio energetico e la richiesta energetica sono minori. Ovviamente, nel tempo che passa prima di coricarsi è comunque consigliabile assumere liquidi, eventualmente anche sali minerali, e restare idratati”.

Detto come si fa, resta la domanda fondamentale: perché si dovrebbe farlo? A che cosa serve? Davvero fa bene, come sostengono i guru della Silicon Valley? La nutrizionista contattata dal Cucchiaio è d’accordo con quello che sembra il sentire più comune al giorno d’oggi: “Se fatto bene, fa bene. È una buona pratica di longevità”, utile insomma per fare durare la “macchina” (il nostro corpo, cioè) più a lungo. Ma in che modo, fa bene? “La nostra alimentazione, quella di chi vive nel mondo occidentale, porta a un eccesso di nutrienti, soprattutto di carboidrati: non smettiamo praticamente mai di mangiare, tranne forse quando siamo malati - fa notare la Pastore - Invece, interrompere il consumo di cibo ogni tanto ha effetti disintossicanti sul fegato e permette all'apparato digerente di riposarsi”. Ancora: “Consente di liberare i recettori insulinici e di migliorare la insulino-resistenza, anche prevenendo il diabete e i tumori (un concetto su cui è d’accordo pure la Fondazione Veronesi) ed è utile pure per chi soffre di gastriti o di colon irritabile”.

Questo tipo di digiuno serve anche per perdere peso? Sì e no: no nel senso che non può essere la base del nostro regime alimentare e dunque non può essere il mezzo attraverso cui perseguire la riduzione della massa corporea; sì perché “una volta raggiunto il peso desiderato, una volta persi i kg in eccesso, può aiutare nella fase di mantenimento, evitando che si torni a ingrassare”. L’importante, come sempre in questi casi, è che ci siano costanza e impegno.

Il dubbio: quali rischi si corrono e quando serve un medico

Tutto bene, allora? Non ci sono rischi? In realtà ci sono, come la stessa Pastore, pur favorevole a questo tipo di digiuno, che “si può fare anche per sempre”, conferma chiaramente: “Va tarato sulle esigenze delle singole persone, bisogna stare attenti al rischio di ipoglicemia e a eventuali carenze”. Soprattutto, se si vuole andare “oltre” (inteso come più di un giorno alla settimana in “modalità 16/8”, o saltando più di un pasto al giorno), “la questione diventa impegnativa e tutto va fatto sotto stretto controllo medico”, un discorso valido soprattutto nel caso di persone più anziane.

C’è anche un altro problema, su cui la comunità scientifica s’interroga spesso quando si parla di questi argomenti: sino a qualche anno fa, prima che diventasse “giusto”, il digiuno era associato ai disturbi alimentari. Prima che Dorsey e gli altri boss della Silicon Valley ci dicessero quanto stavano bene a non mangiare, le persone che non mangiavano, che sceglievano di rinunciare al cibo non per stare bene, ma per sentirsi bene, essere in pace con loro stesse e anche perdere peso, erano le persone che soffrivano di anoressia. Il timore è che descrivere come corretto questo modo di mangiare, che fra l’altro prevede una definizione pericolosamente precisa di come, quando e quanto mangiare, anche diviso ora per ora e giorno per giorno, possa farne dimenticare i rischi e spingere più persone verso questo grave disturbo.

Che è uno dei motivi per cui, se si decide di voler provare il digiuno, orizzontale o verticale che sia, è meglio prima sentire il parere di un medico. O di una nutrizionista.

Emanuele Capone si è formato professionalmente nella redazione di Quattroruote, dove ha lavorato per 10 anni. Nel 2006 è tornato nella sua Genova, è nella redazione Web del Secolo XIX e scrive di alimentazione, tecnologia, mobilità e cultura pop.

Illustrazione di Davide Abbati.

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