C’è questa farina del Mulino Marino chiamata “Antichi Sapori”: un blend di segale, grano saraceno, farro ed enkir tutto macinato a pietra, 400 grammi. Poi, visto che stavolta vorrei fare centro al primo colpo, aggiungo una parte di Manitoba Bio, dello stesso produttore. Totale: cinque cereali per 500g di farina.
Per una volta abbandono il mio amato licoli [Lievito a Coltura Liquida] e mi affido ad un lievito di birra in polvere: ne metto 3 grammi. Verso tutto nella ciotola della planetaria e faccio girare, mentre verso 350g di acqua frizzante a temperatura ambiente. Aggiungo un cucchiaino di sale e faccio girare piano, ma costantemente. Dopo circa 5 minuti alzo la velocità di una tacca e aggiungo una bella cucchiaiata di strutto. E’ uno strutto “nobile”, proveniente da una animale di razza “mangalica” che ho avuto da Josko Gravner, uno dei più entusiasti ammiratori di questa varietà a setola lunga e fitta, quasi una pecora.
Finisco di impastare dopo 15 minuti abbondanti: l’impasto è elastico, quasi fluido, tanto che lo verso in una boule che compro con la pellicola e ripongo in un angolo più fresco della casa.
La mattina dopo riprendo l’impasto, assai gonfio e lo passo sul piano infarinato. Lo piego in quattro parti a fazzoletto e lo faccio riposare mezz’ora. A questo punto preparo la teglia con la carta da forno che per sicurezza ungo con qualche goccia d’olio, altrettanto me ne verso nelle mani: stendo l’impasto con le dita e faccio gonfiare per un paio d’ore.
Scaldo il forno a 220°. Preparo un’emulsione di acqua e olio in parti eguali e verso sulla superficie con un cucchiaino, cercando di arrivare ovunque anche se non in modo omogeneo. Inforno per 15 minuti, poi abbasso a 200° per altri 15. Finisco con un terzo quarto d’ora a 180° e sforno. Attendo che la focaccia sia fredda, arginando la tentazione di assaggiare subito.
Taglio, accompagnando con una fetta di mortadella buona e un bicchiere di Lambrusco Grasparossa fresco, non freddo.