Venetissimo, dice, il famoso vitigno mozartiano. Che altrove ha spina decisa e manto etereo, sfumato. Qui lo versi e già ti colpisce. Leggi, curioso, di conduzioni in biologico, poco poco zolfo, acciaio e legi grandi e vecchi. E il Marzemino – Anno Domini ’13 – nel bicchiere parla di sangue e colore, profondo e veridico.
Ha forza e direzione in quel profumo che conduce senza esitazione verso una strada appena catramata, e poi in un bosco di rovi, e poi su strade di campagna con fossi. E poi il cassettone vecchio della nonna, in cui le palline di canfora rotolano sulla carta incollata sui fianchi e sul fondo. Forte. E il secchio del cortile umido e muffolo. E le sedie impagliate appena ripassate di gommalacca.
E poi lo bevi, che tutta questa roba potrebbe governare il sorso: eppure c’è ancora carne a vendere, e il frutto denso e viscoso, e il finale che chiama la mano al bicchiere.
Perfetto con carni affumicate, a lungo.