IGT Toscana Rosato - Montemercurio 2014

Belle sorprese a Montepulciano (attenzione, sto parlando della splendida località nei colli senesi, poco distante da Pienza terra del Pecorino per eccellenza e dalla capitale dei più grandi vini base Sangiovese del mondo, Montalcino). Il Vino Nobile, nonostante il suo blasone e la sua antica storia e la primazia rappresentata dall’essere stata la prima Docg, nell’ormai lontano 1980, continua ad essere una vicenda pirandelliana, un “uno nessuno centomila”, nel senso che ognuno lo interpreta o lo tira per la giacchetta come gli garba con il risultato che un’identità ben precisa è ancora work in progress.

Questo anche se nell’assaggio dell’Anteprima 2012, che si è svolta giusto un mese febbraio nel villaggio caro ad Agnolo (Angelo) Ambrogini detto Poliziano, poeta, umanista e drammaturgo italiano (1454-1494) non sono mancati bei vini, in genere opera di aziende poco note.

La bella sorpresa, per me che ovunque mi trovi vado in cerca di rosati per questa rubrica, è che a Montepulciano, con quel Sangiovese che qui amano chiamare Prugnolo gentile, si producono, ohilà!, fior di rosati. Tanto che ne ho trovati qualcosa come quattro (per ora accontentatevi dei nomi delle aziende: Salcheto, Carpineto, Montemercurio e Lunadoro) di cui conto di raccontarvi via via.

Quello che ho scelto oggi, un bel mix (o cuvée?) composta da un 80% di Sangiovese e 20% formato da Canaiolo, Mammolo e Colorino (niente Cabernet, Merlot, Syrah, evviva, qui si chiacchiera, ampelograficamente parlando, solo in toscano!), viene da un’azienda, Montemercurio, fondata solo nel 2007 e condotta da Paola Luciani, che conta sulla collaborazione dell’agronomo Stefano Dini e dell’enologo Emiliano Falsini (niente winemaker consulenti che fanno danni più della gramigna) che conta su dieci ettari di vigneto, 3,75 dei quali destinati a Vino Nobile di Montepulciano, uno a Rosso e uno a Vin Santo, per una produzione complessiva di 30 mila bottiglie, e produce rosato nientemeno che da una vecchia vigna di 60 anni.

E sul rosato, come sugli altri vini, si è data una nobile (è il caso di dirlo) mission: “volontà di rispettare e mantenere il più possibile inalterata la bontà tipica delle colline di Montepulciano, senza mascherarne i profumi e gli aromi caratteristici”. In altre parole, e che Bacco li benedica!, “richiamo alla tradizione, premura nella lavorazione, rispetto della territorialità”, tanto che l’affinamento del Nobile non avviene nelle “bastardissime” barrique franciose, bensì in botti tradizionali toscane da 10 e 40 ettolitri. Roba da abbracciarli e coprirli di baci…

Questo bel rosato, in uscita per Vinitaly, resta 12 ore sulle bucce (mica un contatto “sveltina”!) e mi ha convinto all’assaggio per il colore buccia di cipolla brillante, luminoso, vivo (più simile ad un Chiaretto gardesano che ad un rosato salentino o ad un Cerasuolo abruzzese, tanto per intenderci..), il naso molto fresco, vivo, ben salato, che evoca ciliegie e piccoli frutti rossi ma anche macchia mediterranea ed erbe aromatiche, e un qualcosa di agrumato, che trova coerente completamento in bocca con un bel nervo vivo, un carattere delicato ed elegante, una coda lunga e molto salata, un gusto ben secco, dinamico, nervoso, un grande equilibrio e una piacevolezza di beva da applausi.

Insomma il rosato che a me piace, che ne stappi una bottiglia e ne berresti due, soprattutto se accompagnato a qualche piatto della buona tavola (non chiedetemi quale in particolare, questo va su tutto, da antipasti freddi a primi di pasta e verdure, minestre e creme di verdura, secondi a base di pollame e di coniglio serviti in insalata… ), e se a berlo non ti trovi, tristemente, da solo, ma in dolce compagnia… Evviva!