Il Ciliegiolo non è che lo puoi affrontare così, senza rete: soprattutto in purezza. Invece Sanlorenzo non si perita di gettarsi sui neri grappoli per ottenere questo elisir che non ha niente di abboccabile, ma suona bevibile in modo clamoroso.
Rubino abbagliante, suona le note del frutto dolce, appena aperto: la ciliegia, come sarebbe banalmente prevedibile clamare. Sotto spirito, sotto zucchero, conservata, confittata. La grafite delle matite conduce al finale, con una esitazione più calda, E l'ultimo gesto è quello dell'inchiostro di una volta, quello che si metteva nei calamai, una volta alla settimana.
Poi bevi quel sorso che sa di bagnato ma conserva una traccia più severa, ritrosa nel darsi. Quel sorso che porta su un tannino che pare lavorato al cesello, fine come un merletto, quella polpa sottile eppure saziante, appagante. Quel finale che s'assottiglia per protendersi lontano e risuonare di forre e di boschi.
Bicchiere che ti prende, bene.
