So perfettamente che il momento è difficile, che la crisi economica costringe un numero crescente di italiani a stringere la cinghia, anche quando acquistano vino. Pertanto, in attesa di segnalarvi un rosato supremo, il più caro d’Italia, visto che esce dalla cantina a ben euro 19, voglio dare priorità a quell’elemento fondamentale di scelta che è il rapporto prezzo – qualità suggerendovi l’acquisto (spero che ce ne sia ancora) di un più che buono rosato salentino che trovate sullo scaffale a meno di tre euro: 2,89, prezzo normale e non in offerta promozionale sugli scaffal della catena francese
Auchan. Io l’ho trovato, un mese fa, nel grande negozio di via Carducci a Bergamo e bevuto due volte l’ho giudicato in ogni occasione più che affidabile. Non solo per il prezzo risparmioso, ma anche perché trattasi di un 2011 ancora in perfetta forma e godibile. Molto più godibile che se si trattasse di un 2012 fresco di imbottigliamento e pieno di solforosa.
Il vino porta in etichetta il nome
Segnavento, e si tratta di un
Negroamaro in purezza (e il Negroamaro è l’uva regina dei rosati salentini e pugliesi) realizzato per la catena a proprietà francese da un’azienda e da una famiglia che rappresentano molto nella storia dei vini salentini e della zona di Manduria.
Parlo della famiglia Perrucci e di quel progetto "Racemi" che fa capo al vulcanico
Gregory Perrucci. In cosa consista questo “progetto”, lo si legge sul sito Internet aziendale, ovvero “nella valorizzazione del Vigneto Puglia, ossia nella ricerca, vinificazione e commercializzazione su scala internazionale dei vitigni autoctoni regionali. L’idea, nata dall’intuizione di Gregory Perrucci, si è concretizzata sulla scorta dell’esperienza maturata con il fenomeno Felline – Primitivo di Manduria, il vino che per primo accese i riflettori su quello che oggi è considerato il più prestigioso tra i vitigni pugliesi”.
Gregory è un personaggio geniale, al quale si deve, prima che a qualsiasi altro, la riscoperta ed il lancio, in forma vino, di un vitigno minore ma interessantissimo come il Sussumaniello (mi riferisco al
Sum, da vigneti provenienti dalla splendida area di Torre Guaceto nel brindisino), nonché il lancio di una linea di vini, alcuni un po’ spericolati, che hanno contribuito come pochi ad affermare la centralità nella enologia e viticoltura pugliese del Primitivo dell’area di Manduria. Anche con qualche discutibile scelta, tipo quella di definire in etichetta
Zinfandel e non Primitivo (perdio!) un vino come il Sinfarosa.
Bene, accanto a questi vini “dialettici” Perrucci nella sua linea “I racemi” ispirandosi ad una storia familiare che ha previsto per anni la produzione di vini “popolari” in quel di Manduria, produce tuttora una serie di “vini base”. E lo fa anche come fornitore di quella GDO con la quale tutto il mondo del vino fa necessariamente i conti.
Con il termine "Racemi" si indica “il secondo frutto che alcune varietà (primitivo, catarratto) sviluppano in quantità rilevante sulle femminelle. Questi frutti di seconda generazione maturano a distanza di circa 20 giorni dalla vendemmia dei grappoli primari e pertanto vengono raccolti e vinificati in un secondo tempo, rappresentando una seconda opportunità per migliorare o addirittura recuperare gli eventi negativi occorsi nella prima vinificazione”.
Nella linea Segnavento, accanto ad un Primitivo, troviamo pertanto questo Rosato IGP Salento da uve Negroamaro che si fa notare, oltre che per un’etichetta pulita ed il contenuto tenore alcolico, solo 12 gradi, per la sua affidabilità. Per consentire un approccio al mondo dei rosati salentini che magari non conoscerà i picchi qualitativi che si raggiungono con il
Cerasa ed il Mjere di Michele Calò, oppure con il
Girofle di Azienda Monaci, ma che assicura comunque piacevolezza e godibilità.
Colore cerasuolo squillante, di grande luminosità e brillantezza, il Segnavento si propone con un naso intensamente fruttato senza mai diventare marmellatoso, molto ricco di ciliegia, ribes ed un lieve accenno di fragola, caratterizzato da una bella freschezza ed una leggera vena sapida, con sfumature che richiamano rosa e rosmarino. Un insieme pulito, coerente, molto piacevole e senza alcun segno di stanchezza. La bocca è altrettanto viva, ricca di frutta matura al punto giusto, abbastanza ampia e succosa, equilibrata, con dolcezza calibrata e una bella vena acida che equilibra bene la materia e una vena finale di mandorla molto netta, con apprezzabile dinamismo e allungo. Non un rosato memorabile, ma sì un vino che si fa bere bene senza tante storie. E considerato che l’avete pagato meno di tre euro cosa volete di più?
