Quanti di voi sanno che dal 2011 l’Italia dei vini ha una Docg in rosa (in verità due perché esisterebbe anche l’Aglianico del Taburno in versione rosato) e che si tratta di una denominazione pugliese? Immagino pochi, perché non è che ci sia dati da fare particolarmente per rivendicare con il giusto orgoglio questo primato e per fare sapere in giro che questa denominazione in rosa e non altre aveva ricevuto la G aggiunta alla Doc. Eppure questa Docg ha un valore particolare, perché incorona, in un terra da rosati per antonomasia come la Puglia, il Bombino nero e non, come sarebbe stato lecito pensare, il Negroamaro come uva dalla peculiare vocazione rosatista.
Il
Castel del Monte Bombino Nero, perché
di questa denominazione del Nord Puglia, sto parlando, è
un rosato molto particolare “capace di esprimere in modo eccezionale le peculiarità del vitigno e le caratteristiche del
terroir. Le
colline delle Murge sono da secoli uno dei territori più vocati per la vitivinicoltura di qualità e di altura della Puglia; si tratta di terreni collinari, lontani dai centri abitati, caratterizzati da sassi calcarei e rocciosi (…) Fra i vitigni tipici più antichi della zona c’è anche il
Bombino Nero, presente da tempo immemore nel territorio murgiano e prevalentemente nella zona di Corato, tanto da essere noto anche come ‘rosato di Corato’”.
Diversi i rosati da Bombino nero, dal Pungirosa di Rivera al Ferula di Colle Petrito, che ho apprezzato nel corso delle mie degustazioni nell’ambito di
Radici del Sud (degustazioni che hanno evidenziato come in un’annata calda come il 2012 i rosati del nord Puglia abbiano salvaguardato una freschezza e una fragranza aromatica non sempre presente in quelli salentini), ma quello che mi ha colpito maggiormente è stato il
Castel del Monte Bombino Nero rosato prodotto da Luigi e Enzo Carpentiere nelle loro
Cantine Carpentiere di Corato, che contano su 80 ettari di vigneto, posti fino a 600 metri di altezza, nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia su terreni calcarei e ciottolosi dotati di vere caratteristiche carsiche che garantiscono freschezza e mineralità ai vini grazie anche ad un microclima che prevede forti escursioni termiche tra il giorno e la notte tali da salvaguardare” la componente acida delle uve che dona ai vini equilibrio, struttura e capacità di invecchiamento”.
Un rosato, il
Primaluce, medaglia d’argento nell’ambito del Concours Mondial de Bruxelles, che nasce dalla vinificazione di uve Bombino Nero provenienti da un vigneto di oltre 70 anni, in agro di Corato, allevato ad alberello e coltivato senza l’ausilio di alcun mezzo meccanico, e viene prodotto in tremila esemplari da un’azienda cui si devono altri vini di valore. Cito ad esempio il particolarissimo bianco (è una vinificazione in bianco dell’Uva di Troia) Come d’Incanto, oppure il Castel del Monte Rosso Pietra dei Lupi, o il Castel del Monte Rosso riserva Armentario.
Questo rosato da macerazione mi è piaciuto per il suo colore melograno cerasuolo rosa corallo, il naso di buona intensità di frutto, ribes, ciliegia, impreziosito da striature di erbe aromatiche e da una precisa vena salata che ritorna, amplificata, con bella polposità succosa, matura al punto giusto, acidità che spinge e ravviva ed innerva la materia, una buona componente tannica, anche al gusto, sempre fresco, vivo, ricco di energia, con nerbo preciso e saldo carattere da rosato di sicura personalità. Da abbinare a tutti i piatti delle cucine territoriali estive, dalle insalate di riso agli umidi di pesce, alle melanzane alla parmigiana, a verdure grigliate o ripiene al forno.
