La cosa apparirà un po’ strana a tutti coloro che sono (giustamente) abituati a pensare a
Montalcino come luogo natio di uno dei più grandi vini rossi italiani e in alcuni casi del mondo, Messer Brunello. Eppure nel celebre borgo distante solo quaranta chilometri da
Siena e dai suoi molteplici misteri accanto a
Brunello e
Rosso di Montalcino, talvolta mirabolanti ed emozionanti quasi come un grande Barolo, e a vini assolutamente minori (nonostante siano, ma solo a parole, dei Super o dei Sant’…), si producono anche degli ottimi
rosati. Provare per credere.
La strada l’ha tracciata, inutile dirlo, l’azienda più blasonata e antica di Montalcino,
Il Greppo, di quel galantuomo assoluto che corrisponde al nome di
Franco Biondi Santi, con un vino (che esce dalla cantina intorno ai venti euro) di cui va ora in commercio una fiammeggiante annata 2009 di cui presto discorreremo.
Il vino decisamente buono di cui vi parlo oggi, anche se penalizzato da un’etichetta che non è proprio il massimo e che dà l’idea di un vino sbarazzino e non certo da prendere sul serio, è un rosato di Sangiovese in purezza che in qualche modo con Il Greppo ha a che fare. Parlo del rosato denominato "
Qrosè" dell’azienda agricola
Le Chiuse che “anticamente faceva parte dei possedimenti della famiglia Biondi Santi: fu infatti portata in dote alla fine del 1700 da Maria Tamanti quando si sposò con Clemente Santi. La figlia Caterina sposò Jacopo Biondi ed il loro figlio Ferruccio, bisnonno di Simonetta Valiani, rispettando il volere della madre aggiunse il cognome materno "Santi" al suo. Fu lui, dopo aver combattuto al fianco di Garibaldi, a continuare l'opera del nonno Clemente valorizzando e selezionando i vitigni fino ad ottenere questo particolare clone di Sangiovese (grosso)”.
La storia racconta che “Tancredi, figlio di Ferruccio, lasciò in eredità "Le Chiuse" ed altri due poderi a sua figlia Fiorella, esortandola però a non vendere mai questa azienda "perché lì nasceva il famoso Brunello per le Riserve". Da quel momento Fiorella ha sempre dato in affitto i poderi a suo fratello Franco attuale proprietario della fattoria "Il Greppo" che ha coltivato le vigne e vinificato le uve fino al 1990. Alla morte di Fiorella nel 1986 sua figlia
Simonetta Valiani, che ha ereditato dal nonno Tancredi l’amore per questa terra e la passione per il vino, ha iniziato a produrre per conto proprio il Brunello Le Chiuse. E oggi, “insieme a suo marito Nicolò Magnelli ed al figlio Lorenzo ha restaurato la fattoria”, che conta su una superficie vitata di 6 ettari, di cui 5 coltivati a Brunello, in larga parte vigne molto vecchie.
Come mi ha raccontato
Lorenzo Magnelli, “questo vino nasce per esigenza personale, bere un Rosso o un Brunello di Montalcino a pranzo in estate non é cosa semplice. Nacque così questo vino nel 2009 e proprio per la ragione che le ho appena menzionato é un vino che viene da una vendemmia anticipata e non da salasso. Questa é una caratteristica fondamentale in quanto il risultato é quello di un vino fresco e dinamico che fa dell'acidità e sapidità i suoi componenti principali. Secondo il nostro pensiero una vera cantina deve fare prima il vino per sè stessa. ”.
Cosa sia questo rosato, che l’azienda vende ad un prezzo “brunellesco” di 12 euro e ottiene da uve espressione di un’agricoltura biologica certificata, è presto detto. Un rosato, denominato "
Qrosè" composto da Sangiovese grosso in purezza. Alla vendemmia anticipata fa seguito “una macerazione di 5-6 ore atta a dare al vino un colore cerasuolo brillante. La fermentazione viene fatta tramite lieviti selezionati ad una temperatura relativamente bassa per circa 20 giorni in vasca d’acciaio, dove poi starà altri 2-3 mesi insieme alla feccia. Questo metodo di lavorazione conferisce al vino profumi vivi ed intensi che richiamano la primavera”.
Da un’annata, il 2010, che ha consentito di portare l’uva ad una quasi perfetta maturazione senza stress idrici e senza bruciature conferendo ai vini una buona acidità, eleganza ed equilibrio; con una raccolta delle uve ai primi di settembre e fermentazione dopo la pressatura di circa 20 giorni a 14-15 gradi; niente malolattica svolta per evitare la perdita di profumi; vino lasciato volutamente sulla feccia per un periodo di 3-4 mesi, dove settimanalmente viene smossa proprio per estrarre il massimo possibile dei suoi profumi. Così si è ottenuto un rosato con 12,75 di alcol, ben secco (un grammo di zucchero per litro), con 5,16 di acidità totale, che mi ha convinto pienamente (etichetta a parte).
Colore salmone pallido rosa antico, naso ben secco, asciutto, salato profumato di agrumi soprattutto e poi ribes, rosmarino, mandorla non tostata, con tanta mineralità e sale ed un’apprezzabile freschezza. Bello l’attacco in bocca, nervoso, asciutto, preciso, con una buona succosità e ampiezza del frutto, dolcezza calibrata, ricchezza di nerbo, notevole larghezza e pienezza sul palato e persistenza lunga piena di sapore.
Un rosato di gran carattere, con allungo, articolazione, energia e un finale che richiama la mandorla, decisamente minerale, anzi petroso. La dimostrazione di quali miracoli si possano fare con Messer Sangiovese a Montalcino quando lo si pianta nei posti giusti e lo si concepisce come base per vini eleganti, non ciccioni, noiosi e ingombranti…
