Come primo rosso del 2013 ho scelto uno dei vini italiani più popolari, che negli ultimi anni sta conoscendo un andamento positivo, una specie di riscossa, e un incremento della produzione e delle vendite. Sia nella versione in rosso, oltre venti milioni di bottiglie, sia nella tradizionale versione Chiaretto (oltre 8 milioni).
Sto parlando di un vino gardesano, sponda veronese, per antonomasia come il
Bardolino la cui area di produzione copre gran parte del settore veneto dell’anfiteatro morenico del lago di Garda e, con l’eccezione di una porzione del comune di Peschiera del Garda. Non so a cosa sia dovuto questo effettivo successo, dovuto innanzitutto ad un impegno e ad una volontà di far bene dei diretti protagonisti, viticoltori e vinificatori. Sicuramente ha aiutato la riscoperta di vini più “bevibili” e approcciabili, meno complicati da capire e meno concentrati e per quanto riguarda il Chiaretto una certa moda dei rosati.
Questo mentre il Bardolino provava, con la Docg arrivata nel 2001 per la tipologia “superiore”, ad entrare nel Gotha dei vini più importanti, con una serie di vini, invecchiati in legno almeno un anno (spesso barrique) e aperti al contributo anche di altri vitigni non tradizionali (leggasi bordolesi), senza ottenere peraltro un grandissimo consenso da parte dei consumatori.
E’ il tradizionale Bardolino quello che è tornato a riscuotere l’interesse degli amici del vino, quello prodotto con Corvina (e/o Corvinone), Rondinella, e in qualche caso anche Molinara, non l’ennesima imitazione, di cui nessuno sentiva bisogno, di un vino locale dalle sembianze internazionali. In questo rinascimento del Bardolino grande importanza hanno avuto le donne, non solo come consumatrici di entrambe le tipologie, in particolare il Chiaretto, ma perché una cantina su tre nella doc del Bardolino è gestita da una donna e considerando i contitolari si sale addirittura al 50%.
Una delle cantine protagoniste, anche per l’impegno a 360 gradi in Consorzio e associazioni varie della titolare, dalla scorsa estate anche
presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, è, a Cavaion Veronese,
Le Fraghe di
Matilde Poggi, 28 ettari vitati e una produzione concentrata, a parte il taglio di due Cabernet Quaiare, su un ottimo bianco, il Camporengo, a base Garganega e tre Bardolino, il Chiaretto Ròdon, il Bardolino base Le Fraghe e il Bardolino classico Brol grande affinato otto mesi in botti da 40 ettolitri. A me il Bardolino delle Fraghe, pur trovando ottimo e più spallato e importante il classico, è sempre piaciuto molto per la sua franchezza e sincerità, per il suo limitarsi a voler essere un Bardolino ben fatto e autentico di quelli concepiti soprattutto per farsi bere e accompagnare piatti non da cucina molecolare, ma preparazioni più schiette e saporite a base di carne, grigliate e salsicce comprese.
Un vino a base di Corvina e Rondinella, da vigneti di una dozzina d’anni d’età allevati a Guyot con 5000 ceppi ettaro in Affi e Cavaion Veronese, vinificate separatamente, con una macerazione che dura in media 7-8 giorni, ovvero non viene protratta oltre la fine della fermentazione alcolica. Dopo lo svolgimento totale della fermentazione malolattica il vino passa in acciaio dove resta sino all’imbottigliamento. Ed è vino che se ve ne resta qualche bottiglia in cantina potete tranquillamente bere anche dopo un paio d’anni.
Bellissimo il colore, un rubino violaceo brillante, luminoso e ricco di riflessi luminosi, e subito (considerando anche la giovane età del vino ed il fresco imbottigliamento) un naso tipicamente bardolinesco, sintesi di ciliegia, anzi amarena, accenni di prugna e ribes e poi sfumature di pepe nero, liquirizia, terra bagnata di sottobosco e viola, a costituire un insieme dove la polpa, la materia fruttata, non sacrifica mai la freschezza e una certa elegante vinosità.
E la polpa, succosa, rotonda, ravvivata da una fresca acidità, da una bella presenza tannica che non ha astringenze, da una consistenza e persistenza terrosa, ancora con note minerali e un ricordo di liquirizia nera, torna in bocca, dove il vino manifesta una godibilità, una felicità espressiva, una vivacità e un brio, un nerbo saldo, e una ricchezza tutta naturale di sapore che lo rendono perfetto per essere portato in tavola.
E apprezzato, servito fresco, a qualsiasi piatto lo si abbini. Solo un Bardolino giovanissimo, ma che buono!
